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I ribelli della montagna

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Il contrabbando è un'attività illecita consistente nell’importare o esportare merci in violazione delle disposizioni e delle leggi di natura doganale che in uno stato ne vietano o assoggettano a tributo l’entrata, l’uscita e la circolazione.
Fino ai tempi recenti, le città erano circondate da cinte daziarie, che richiedevano qualora si decidesse di passare con la merce, di dover pagare un dazio. Questa era una consuetudine presente fin dal medioevo. Per alcuni beni, sigarette e alcoolici, i dazi sono rimasti in vigore fino agli anni sessanta del secolo scorso. In ogni città era presente un'attività di contrabbando delle merci, che aveva l'unico scopo di evadere il dazio posto all'ingresso della stessa. Il termine è attestato a Venezia in un documento del 1280, vergato in latino medievale. Il contrabannumera il reato commesso da chi importava o esportava merci eludendo le disposizioni legali sul pagamento dei tributi. Il termine veneziano si diffuse sopravvivendo sino ai nostri giorni nella voce dialettale sfrusadur. Fino agli anni precedenti il grande sviluppo industriale del secolo scorso, il contrabbando, come espediente per mantenere la famiglia, era frequente nelle aree di confine tra il Ticino, il Piemonte e la Lombardia. Nel periodo immediatamente seguente la fine della seconda guerra mondiale, il contrabbando era circondato da un alone di romanticismo che esaltava le doti di coraggio e forza fisica dei contrabbandieri. In alcune valli del canton Ticino, i bambini giocavano a guardie e sfrusitt, dove questo termine dialettale indicava il contrabbandiere. A quell'epoca non vi erano le potenti Alfa Romeo pronte a scappare dai paesi del fondovalle in direzione delle città del Nord, era un contrabbando di fatica dove gli spalloni entravano in Svizzera attraverso passi posti ad alta, alcune volte altissima, quota trasportando riso e farina, tornando con le bricollecariche di sigarette e caffè.
Per comprendere quell'alone di romanticismo che permeò il contrabbando, di cui poco resta alle coscienze moderne, dobbiamo risalire la linea del tempo.
Alla fine del XIX secolo i contrabbandieri escogitarono un mezzo particolare per trasportare illegalmente le merci attraverso il confine, rintracciabile nel libro di Bruno Soldini Uomini da soma: C’erano in quegli anni mute di cani che passavano attraverso la frontiera con la loro piccola bastina (bricolla particolare, aderente al corpo, con più scomparti) fissata attorno al tronco. Il traffico era iniziato nel 1881 ed aveva subito avuto successo. Gli animali, allevati e addestrati in Italia, venivano condotti in Svizzera, rinchiusi in appositi canili e lasciati senza mangiare per qualche giorno. Al momento opportuno un addetto li caricava con la bastina riempita di merce e li lasciava liberi. La fame, straordinario propellente, faceva partire di corsa i cani – spalloni, che, attraversando la linea di confine, raggiungevano le loro cucce dove il cibo abbondava. In quel periodo era fiorente nel Comasco il commercio dei cani–contrabbandieri. Le povere bestie ebbero peggior sorte degli uomini. Venne istituito un premio in denaro per gli agenti che riuscivano ad abbatterli, il terreno fu disseminato di trappole e tagliole. A ciò si aggiunse un ostacolo a fili, che si trasformò a poco a poco nella rete di confine, sempre più alta, protetta da fili spinati e poi attrezzata di campanelli che suonavano alla minima scossa”. I cani contrabbandieri ebbero allora vita breve per riapparire, sporadicamente, nel periodo finale del fenomeno quando iniziarono a trasportare cocaina attraverso il confine.
Le Alpi come barriera geografica, come strumento di divisione dei popoli. Così non è mai stato, poiché i commerci, attraverso i passi di montagna, si sono da sempre sviluppati. Il controllo delle vie di commercio è sempre stata una delle principali preoccupazioni di chi saliva al potere, imperi o stati che fossero. Attraverso le montagne, le Alpi nello specifico, questo obiettivo incontrava difficoltà di vario genere. Il problema principale nel controllo del contrabbando risiede nel fatto che chi lo praticava non frequentava i grandi passi delle opere ingegneristiche, bensì valichi defilati e di complesso controllo. Il contrabbandiere è un parente stretto del cristalliere, quello strano personaggio che attraversa le montagne in cerca di uno scrigno che conserva i doni di madre natura. A questa figura è legata la nascita stessa dell'alpinismo. Jacques Balmat, cacciatore di camosci e cercatore di cristalli, nacque a Chamonix nel 1762 e fu il primo uomo a raggiungere la vetta del Monte Bianco, insieme a Michel Gabriel Paccard, l'8 agosto del 1786. Il 2 agosto dell'anno successivo guadagnò la ricompensa promessa dallo scienziato svizzero de Saussure per averlo accompagnato in cima alla vetta più alta delle Alpi. La cordata era composta da 18 altre guide che trasportavano attrezzature scientifiche.
Un cercatore di cristalli, cacciatore di camosci, aprì le vie che, in altre vallate, saranno seguite dai primi contrabbandieri.
Se la geografia non poneva una barriera, poiché il terreno battuto dagli uomini con la bricolla era di difficile controllo da parte delle autorità competenti, la motivazione economica spingeva gli uomini a rischiare la propria vita. Diversi autori hanno avanzato l'idea di un contrabbando di necessitàe di un contrabbando di convenienza, dove il primo era effettuato per la sopravvivenza dei soggetti ed il secondo per il fatto che una nazione poteva avere larga disponibilità di un bene che era assente, o di scarsa reperibilità, in un'altra nazione. Differenza che sfuma nei sentieri battuti da questi uomini.
Il contrabbandiere deve essere considerato, al pari del cristalliere e del cacciatore, una figura chiave nella storia della scoperta delle Alpi. Ancora oggi noi percorriamo sentieri aperti da queste persone. Con lo sviluppo dell'alpinismo, verso la fine del XIX secolo, il contrabbandiere ha trovato nuovi personaggi con cui misurarsi su cime e valichi: l'alpinista. Un aspetto poco noto, forse considerato marginale, riguarda il fatto che la nuova professione cresciuta con l'aumentare degli alpinisti, la guida alpina, abbia trovato nei contrabbandieri alcuni tra i suoi primi professionisti. Non è un caso che Vittorio Marone, sfrusitt, esercitò a lungo la professione di guida alpina sul Monte Rosa. In questa doppia veste attraversava gli alti valichi alpini tra Macugnaga e le valli di Zermatt e Saas, territori considerati per alpinisti esperti. Marone attraversava il Passo Jacchini, a oltre 3400 metri di quota, con una bricolla da oltre 20 chili sulle spalle.
Quali erano i beni trasportati tra le nazioni?
Nel libro Contrabbandieri, uomini e bricolle tra Ossola, Ticino e Vallese, di Erminio Ferrari, troviamo una interessante testimonianza. La donna si chiama Giuseppina del Thé, e viveva a Moneto nella zona denominata delle Centovalli. Giuseppina ricorda che “prima della guerra venivano a prendere il caffè. Le donne del paese scendevano a Camedo [Canton Ticino] a caricare i sacchi e li portavano sino a Monadello, dove poi li prendevano i contrabbandieri. Sei lire a viaggio, con un sacco da trenta chili. E litigavano per fare il viaggio. Non avevano un'alternativa. Quella era fame”.
Il caffè era oro. Il tribunale di Pallanza [divenuto in seguito all'unione con Intra comune di Verbania] tra il 1930 e il 1939 giudicò, per il reato di contrabbando, oltre 790 persone.
Trasportavano solo il caffè?
Assolutamente no, anche se l'oro nero rimase il principale bene. Gli sfrusitt portavano con se tabacco sciolto, cacao, saccarina e zucchero.
Il tempo corre e con esso i gusti e le esigenze delle persone.
Al caffè fece seguito il tempo del riso. Erano gli ultimi anni della seconda guerra mondiale, quelli che ricordiamo per le lotte di liberazione dell'Italia. La Svizzera si trasformò in importatrice di merci di contrabbando. Il contrabbando del riso fu un contrabbando di necessità, poiché era svolto non per evitare i dazi doganali ma per trasportare beni di cui la Confederazione elvetica era sprovvista dato il perdurasi della fase conosciuta come economia di guerra, che durò dal novembre del 1939 sino al 1948. Le statistiche parlano di 52 tonnellate di riso sequestrate nei primi dieci mesi del 1944. Dato che il sequestro poteva ammontare al massimo al 20% del trasportato, si comprende facilmente l'entità del fenomeno.
Il 1944 fu un anno complesso e pericoloso. Furono i mesi della Repubblica dell'Ossola: una repubblica partigiana sorta il 10 settembre del 1944 e riconquistata dai fascisti il 23 ottobre del 1944. Diversamente da altre repubbliche partigiane, quella dell'Ossola fu in grado, in soli 40 giorni, di affrontare le contingenze imposte dallo stato di guerra e di dotarsi di una organizzazione articolata con l'istituzione della giunta provvisoria di Governo di Domodossola e delle zone liberate. I rapporti tra due diversi tipi di ribelli, i partigiani alla dittatura e i contrabbandieri a qualsiasi ordine, furono complicati. Il Comando della Brigata Matteotti decise, per la sua zona di competenza, d'impedire a qualsiasi costo il contrabbando. Un comunicato del 20 settembre così recitava: “alcuni individui non degni d'essere italiani hanno ripreso il contrabbando di generi alimentari, tessuti ecc.. verso regioni limitrofe alla zona liberata. Sono additati al disprezzo di tutta la cittadinanza questi contrabbandieri che sottraggono per lucro i generi di prima necessità, ai nostri combattenti ed alle popolazioni tutte della zona liberata”. Il comunicato si chiudeva con la minaccia della morte: “tutti coloro che verranno sorpresi in fragante contrabbando o che dalle indagini risulterà che facciano tale contrabbando, saranno passati per le armi”.
Il rapporto tra i contrabbandieri, ribelli delle montagne, e qualsiasi forma d'autorità o polizia non può che essere conflittuale. Qualunque forma assuma l'autorità competente.
Finita la guerra, il contrabbando conobbe una nuova esplosione.
Il fenomeno si ingrandì notevolmente con il trasporto delle sigarette da una parte all'altra delle Alpi.
Fu il periodo con il maggior numero di episodi di sangue tra sfrusitt e forze dell'ordine. Non furono pochi quelli che persero la vita nelle vicinanze dei valichi di confine tra Italia e Svizzera.
L'epoca in cui si moriva per una bionda.

Fabio Casalini

Bibliografia
Danilo Pagnutti, Il contrabbando, Vivere la montagna numero 26 dell'ottobre 2005

Bruno Soldini, Uomini da soma, contrabbando di fatica, Giornale del Popolo 1985

Jean-Pierre Spilmont, Jacques Balmat dit Mont-Blanc, Guerin 1987

Giorgio Bocca, Una repubblica partigiana. La resistenza in Val d'Ossola, Il Saggiatore 1964




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