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Addio bocca di rosa, con te se ne parte la primavera

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La chiamavano bocca di rosa
metteva l'amore, metteva l'amore
la chiamavano bocca di rosa
metteva l'amore sopra ogni cosa

Einstein era solito ripetere che “la cosa importante è di non smettere mai di interrogarsi. La curiosità esiste per ragioni proprie. Non si può fare a meno di provare riverenza quando si osservano i misteri dell'eternità, della vita, la meravigliosa struttura della realtà. Basta cercare ogni giorno di capire un po' il mistero. Non perdere mai una sacra curiosità”. Lo stesso scienziato un giorno aggiunse: “non ho particolari talenti, sono soltanto appassionatamente curioso”.
La curiosità è il sentiero sul quale spendere le ore della propria esistenza.
Nei giorni scorsi, sistemando i quaderni degli appunti, è ritornato a veder la luce un articolo del Secolo XIX dal titolo “Bocca di rosa, addio con giallo”, datato 15 giugno 2010.
Sono una di quelle persone che non butta niente, che tiene tutti gli articoli lo incuriosiscano. La verità sulla canzone “Bocca di rosa” di Fabrizio De André è uno di quei fatti su cui avrei voluto indagare da tempo.
L'articolo del quotidiano Il secolo XIX esordisce con la frase di una donna che ammette “di uomini ne ho avuti tanti, ma sempre uno alla volta”. A metà strada fra scherzo e rimpianto sono state le ultime parole di Liliana Tassio, 88 anni, in arte Bocca di rosa.
Comprendo le motivazioni per cui ho deciso di tenere l'articolo, apparso sulla prima pagina del quotidiano di quel giorno.
Un passo indietro è d'obbligo.
Bocca di rosa è una canzone scritta nel 1967, da Fabrizio De Andrè con l'arrangiamento musicale di Gian Piero Reverberi. Il testo è velocemente entrato nell'immaginario collettivo tanto che l'Enciclopedia Treccani alla voce “bocca di rosa” assegna il significato di prostituta.
Il termine è utilizzato frequentemente dai giornalisti. Ricordo un articolo di Sebastiano Messina per la Repubblica del 22 giugno 2004 in cui si leggeva: “in questa boccaccesca novella dei nostri tempi, le bocche di rosa si sono moltiplicate e non sono arrivate con il treno ma con un pullman partito da Kiev”. Un articolo apparve sul Corriere della Sera del 14 gennaio a firma di Giuseppe Gustella in cui il giornalista scriveva che “bocca di rosa non paga le tasse perché ciò che guadagna vendendo il proprio corpo non può essere considerato reddito”.
Si sa che la gente dà buoni consigli
sentendosi come Gesù nel tempio
si sa che la gente dà buoni consigli
se non può più dare cattivo esempio
La canzone racconta la storia di una ragazza, soprannominata bocca di rosa, che appena giunta al paesino di Sant'Ilario ne sconvolge la quiete con il suo comportamento libertino. L'essere aperta comporta la risposta delle donne del paese che decidono di rivolgersi al commissario di polizia. I gendarmi, con i pennacchi, accompagnano la ragazza alla stazione di polizia e successivamente alla stazione ferroviaria. Alla partenza di bocca di rosa assistono tutti gli uomini del paese. Alla stazione successiva è accolta in modo trionfale e il parroco la vuole accanto a sé alla processione.
Ho sempre pensato che fosse una storia immaginaria, con qualche libertà di catturare dai comportamenti quotidiani di alcune donne che Fabrizio poteva incontrare nella sua Genova.
L'aver ritrovato l'articolo del Secolo XIX riferito alla morte della donna ritenuta la vera bocca di rosa mi ha spiazzato, e, mi ripeto, comprendo i motivi per cui lo trattenni negli appunti. 
Ricordavo che il testo, e il personaggio immaginario, fosse ispirato alla canzone “Brave Margot” di George Brassens. Vi sono diverse similitudini tra i due brani, basta leggere alcuni passaggi della canzone di Brassens come “Margot la giovane pastorella, trovando nell'erba un gattino, che aveva appena perso sua madre, lo adottò. Si sbottona la camicetta, e lo adagia sul suo seno. Era tutto ciò che le, poverina, aveva come cuscino. Il gatto, scambiandola per sua madre, si mise a succhiare senza tante storie. Commossa, Margot lo lasciò fare, brava Margot. Uno zotico, passando là intorno, trovando il quadretto poco comune, andò a dirlo a tutti quanti e l'indomani quando Margot si slacciava il corpetto per dala tetta al suo gatto, tutti i ragazzi del villaggio erano là” oppure “ma le altre comari del paesino, private dei loro sposi, dei loro amanti, accumularono rabbia. Pazientemente. Poi un giorno, ebbre di collera, si armarono di bastoni e feroci immolarono il gattino”.
Probabilmente un insieme di motivazioni ha dato adito a diverse ipotesi minori, legate alla frequentazione di Fabrizio, a scopo sociale, dei quartieri della prostituzione di Genova.
Una di queste attiene a Liliana Tassio, che si spense nel giugno del 2016 stringendo la mano dell'amica, Francesca, che sostiene da sempre che Fabrizio si fosse ispirato a lei per dare vita ad uno dei personaggi più famosi della musica italiana.
E quelle andarono dal commissario
e dissero senza parafrasare:
"quella schifosa ha già troppi clienti
più di un consorzio alimentare"
La compagna di sempre del cantautore, Dori Ghezzi, lo esclude: “Fabrizio mi ha detto che non era genovese ma una fan che gli aveva raccontato la sua vita. Mi sembra che venisse da Trieste”. Anche Paolo Villaggio, amico fraterno di Fabrizio, disconosce questa versione dei fatti: “non ho mai conosciuto la Tassio, ma sono moltissime le persone che mitizzano il proprio passato. E questa sarà un'altra leggenda, bocca di rosa non esisteva nemmeno”.
Dobbiamo ricollegarci alle parole della compagna di De André, Dori Ghezzi, per cercare di comprendere. Leggendo l'unico romanzo del cantautore, Un destino ridicolo, scritto a quattro mani con Alessandro Gennari, sembrerebbe che la bocca di rosa cantata sia Maritza Vittorio Bo. Fabrizio così la racconta: “era un'istriana bionda, alta, dalla bellezza fredda che da quando era arrivata a Genova per togliersi la voglia di Fabrizio e ridimensionarne il mito, si era fatta quasi tutti i suoi amici, senza curarsi di ciò che altri chiamavano reputazione”.
Tra storia e leggenda una mattina bussano alla porta del cantautore, si affaccia una ragazza bionda che ha trovato l'indirizzo su una rivista di musica che sibila “finalmente riesco a incontrarti”. Il resto, forse, fu messo in musica perché, si sa, gli avvenimenti importanti debbono essere ricordati.
Sembrano tutte idee da seguire, anche la donna morta nel giugno del 2010, Liliana Tassio.
L'amica che tenne la mano nell'estremo momento confessa che “la sua vera storia viene fuori quando il figlio Gianni, con un negozio in via del Campo dedicato a Fabrizio De André, racconta in TV il suo vero mestiere”.
Come Liliana ha potuto interessare Fabrizio?
Gianni Tassio, il figlio della presunta bocca di rosa, conosce De André quando ha da poco compiuto 13 anni. Lavora al negozio di dischi che poi erediterà. Fabrizio entra, si guarda attorno e chiede al giovane cosa ci fa lì un ragazzino. Tassio risponde di volersi mantenere per non dipendere da “quella bocca di rosa di mia madre”. Nei minuti successivi racconta la storia della sua vita e quella della madre.
Così nacque, secondo l'amica di Liliana, il testo dell'intramontabile canzone.
Tre ipotesi, la canzone francese di Brassens, la ragazza slovena e Liliana, la bocca di rosa della Genova tanto amata dal cantautore, che reggono il trascorrere del tempo e delle stagioni.
Quale verità?
È ipotizzabile un insieme dei fatti?
Storie di vita ascoltate in prima persona e il testo della canzone di Brassens?
Ancora molte altre persone s'interrogheranno su questo magnifico testo e sul come sia potuta nascere una delle canzoni sulla quale mai tramonterà il sole.

Fabio Casalini


Bibliografia
A. Franchini - Uomini e donne di Fabrizo De André - Fratelli Frilli Editori, Genova 2000

F. Baraghini – Bocca di rosa, addio con giallo– Il Secolo XIX, 15 giugno 2010

A. Podestà – Bocca di rosa. Scese a Sant'Ilario. E fu la rivoluzione– Arezzo, 2009

F. De André e A. Gennari – Un destino ridicolo – Torino, 1996

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