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Tutankhamon e i 130 bastoni da passeggio

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Ritengo sia lecito chiedersi quali siano le ragioni che abbiano spinto decine di migliaia di persone ad innamorarsi di un faraone come Tutankhamon, che morì giovanissimo e sul quale sono stati scritti innumerevoli libri, molti dei quali frutto della fantasia degli autori. Howard Carter, lo scopritore della tomba del faraone, scrisse:“cosa sappiamo veramente di questo faraone divenuto così famoso? Pochissimo in realtà. L'unica notizia certa che abbiamo di lui, bisogna ammetterlo, è che morì e venne sepolto”.
Molte primavere sono trascorse dall'epoca in cui Carter, suo malgrado, dovette esprimere un tale giudizio. Alan Gardiner, persona che più di altri ha dato impulso alla decifrazione dei testi egizi, in riferimento alla tomba del giovane faraone, si limitò a dire che “abbiamo constatato che il diritto di questo sepolcro d'essere considerato la più grande scoperta mai fatta in Egitto, si riferisce alla grande quantità di oggetti d'altissima qualità artistica ritrovati al suo interno. Dal punto di vista storico, invece, l'importanza è notevolmente scarsa”.
Vorrei iniziare un percorso alla ricerca delle motivazioni che hanno smosso la fantasia di migliaia di persone in tutto il mondo in riferimento al giovane faraone.
Da dove iniziare se non dal giorno della scoperta dell'esistenza della tomba?
Riuscite a vedere qualcosa?”
Si, cose meravigliose!”
Così Howard Carter rispose alla domanda di Lord Carnarvon, il finanziatore della spedizione in Egitto.
Il primo, di sedici, gradini della scala che avrebbe portato alla tomba fu scoperto il 4 novembre del 1922, ma nulla lasciava trasparire la grandezza di ciò che attendeva lo sguardo dei due uomini.
Dobbiamo risalire la linea del tempo per comprendere la presenza, nella Valle dei Re in Egitto, di questi due personaggi. Nel 1903 giunse in Egitto, spinto da motivi di salute, George Edward Herbert, quinto conte di Carnarvon. Il viaggio in Egitto non era legato esclusivamente alla salute del conte, poiché sin da subito iniziò a finanziare scavi archeologici. Dopo ripetuti insuccessi, decise d'affidarsi non ad un professionista ma ad un dilettante con molto fiuto che rispondeva al nome di Howard Carter. Il duo ottenne diversi successi portando alla luce svariate tombe sino al 1914, quando il sodalizio s'interruppe a causa della Prima Guerra Mondiale. I lavori ripresero nel 1917 e durarono sino agli inizi del 1922 quando le autorità informarono Lord Carnarvon dell'impossibilità di rinnovare la concessione di scavo, che sarebbe scaduta nell'aprile dell'anno successivo. Il Conte decise di rientrare in Inghilterra, seguito poco dopo da Carter. Dopo alterne vicende l'archeologo s'offrì di finanziare personalmente le spese relative all'ultimo scavo. Ottenuto il benestare dal nobile inglese, Carter rientrò in Egitto agli inizi del novembre del 1922, iniziando da subito gli scavi. Fece spostare le operazioni di fronte alla tomba di Ramses VI, in un settore dove aveva già lavorato ma che decise, inspiegabilmente, d'abbandonare. In quella zona furono rinvenuti i resti di alcune capanne dei lavoratori che portarono alla luce la tomba di Ramses VI. Quei resti furono ritenuti privi di valore archeologico e abbandonati prontamente, senza preoccuparsi di controllare cosa potesse celarsi sotto di essi. Il 4 novembre fu scoperto il primo gradino della scala di accesso a un ipogeo, ossia una costruzione sotterranea con interesse archeologico o antropologico che può essere interamente costruita dall'uomo oppure come riadattamento di una cavità naturale.
Dopo aver sgombrato tutti i gradini ed aver percorso, lentamente, tutto il corridoio, gli scavi si arrestarono nei pressi di una porta che, con tutta probabilità, dava accesso alla camera funeraria. Il 28 novembre Howard Carter, in compagnia di Lord Carnarvon e della figlia, praticò un foro sulla porta che dava accesso alla camera funeraria. La prima ad entrare fu Lady Evelyn, la figlia del conte. La stanza era quasi completamente occupata da una struttura di legno dorato, una sorta di cappella che ne conteneva altre tre prima di raggiungere il sarcofago in granito. Solamente il 17 febbraio del 1923 fu sgomberata completamente l'anticamera e, alla presenza di un folto pubblico, Carter e Carnarvon, in camicia e muniti di piccone, attaccarono la muratura della porta per demolirla completamente e accedere facilmente alla camera funeraria.
I mesi e gli anni successivi furono destinati alla scoperta di ogni angolo della tomba. Solo il 25 ottobre del 1925, quasi tre anni dopo, Howard Carter decise d'aprire il terzo sarcofago.
Diedi l'ordine, fra il profondo silenzio. La pesante lastra si sollevò, la luce brillò nel sarcofago. Ci sfuggi dalle labbra un grido di meraviglia, tanto splendida era la vista che si presentò ai nostri occhi, l'effige d'oro del giovane fanciullo”.
Queste le parole con cui Carter descrisse il momento della scoperta della maschera d'oro. Si tratta di una sorta di casco in oro massiccio, lapislazzuli e paste vitree, che riproduce le fattezze del faraone ragazzo.
Tutankhamon morì nel corso del suo nono anno di regno. Grazie alle analisi effettuati dai botanici sui frutti e sui fiori che erano deposti nella tomba all'atto delle esequie, che avevano la loro piena fioritura tra marzo e aprile e sapendo che occorrevano almeno 70 giorni per il processo di mummificazione, s'ipotizzò che la morte sopraggiunse alla fine del mese di gennaio. I quesiti principali possono essere ridotti a due: qual'era l'età al momento della morte e quali le cause del decesso.
La prima autopsia della mummia fu compiuta nel novembre del 1925, nel corridoio di accesso alla tomba di Sethos II, dal professor Douglas Derry. Per il corpo di Tutankhamon apparve subito chiaro che la mummia era stata ridotta in condizioni deplorevoli dall'eccessiva quantità di oli essenziali versati sull'involucro funerario. Lord Carnarvon avrebbe voluto sottoporre la mummia a un esame ai raggi X, ma quando fu effettuata l'autopsia lui era già morto, a causa di una puntura d'insetto, e anche il radiologo morì prima di poter compiere il suo lavoro. Queste morti alimentarono le solite sciocche dicerie circa una maledizione del faraone. Il professor Derry non fu in grado di esprimere un parere definitivo sulla morte di Tutankhamon.
Il 5 gennaio del 2005 la mummia fu rimossa dal sarcofago e sottoposta ad una Tac. Gli esiti, dopo la visione di oltre 1700 immagini, non evidenziarono prove fisiche di omicidio. Le scansioni rilevarono una gamba fratturata, ipotesi già avanzata in precedenza da diversi studiosi. L'unica conclusione certa era l'esclusione, tra le cause della morte, di una lesione del cranio o di un trauma toracico.
Nuovi esami genetici e batteriologici, pubblicati nel 2010, hanno risposto a molte domande. La morte poteva essere avvenuta verosimilmente per una necrosi ossea complicata da un'infezione malarica grave. Le indagini hanno diagnosticato che il faraone era affetto dalla malattia di Kohler al piede sinistro, rara malattia infantile delle ossa del piede, mentre il piede destro presentava caratteristiche compatibili con una possibile deformità attribuibile ad equinismo. Questa condizione del faraone causava una non corretta distribuzione del peso corporeo e conseguente difficoltà di deambulazione. La disabilità parrebbe confermata da alcuni reperti della tomba, ove il faraone viene rappresentato seduto per l'espletamento di attività da svolgersi tipicamente in piedi, come la caccia.
Sarà questo il motivo per cui sono stati rinvenuti nella tomba ben 130 bastoni da passaggio, tutti recanti evidenti tracce di usura.

Fabio Casalini

Bibliografia

Nicholas Reeves (2003) - The Complete Tutankhamun, Thames & Hudson

Franco Cimmino (1993) - Tutankhamon, Rusconi 

Christine el Mahdy (2000) - Tutankhamon, Sperling & Kupfer 

Thomas Hoving (1979) - Tutankhamon, Mondadori 

Zahi Hawass (2010) - Ancestry and pathology in King Tutankhamun's family, JAMA

Howard Carter e Arthur Cruttenden Mace (1923) - The Discovery of the Tomb of Tutankhamen, Dover Publications 

Howard Carter (1972) - The Tomb of Tutankhamen, Barrie & Jenkins 

Alessandro Bongioanni (2004) - Luxor e la Valle dei Re, White Star




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