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Corona Ferrea: agli albori della verità

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Corona Ferrea (Tesoro del duomo di Monza, V - IX sec.)
“Io vengo a parlare con voi, che siete i dominatori del mondo. Costruiremo insieme un assetto pacifico”.
Sarebbero state queste le prime parole pronunciate da Teodorico re dei Goti allorché nel 493 d.C, sconfitto il rivale Odoacre, re degli Sciri e degli Eruli nella leggendaria “Rabenschlacht” o battaglia dei Corvi, fece il suo ingresso trionfale a Ravenna, capitale dell'impero romano d'Occidente.
Ancor precedentemente ai Longobardi, il primo popolo in marcia che fece irruzione in Italia fu proprio quello degli Ostrogoti: i Goti dell'est che, prima di migrare in Italia su autorizzazione dell'imperatore Zenone, nel loro lungo peregrinare  tra le sponde del Mar Nero e del Danubio ereditarono dai popoli nomadi delle steppe usi e costumi forieri di nuovi sviluppi.

Solido romano: busto di Costantino con diadema di perle e corazza (IV sec,) 

Per realizzare il suo sogno, ossia una terra per il suo popolo,  il nuovo sovrano barbarico si servì abilmente della condizione di alleato dell'impero: ma perché proprio i Goti? Quali, i  legami tra questo popolo, che dominò in Italia per appena ottant'anni e la storia millenaria della Corona Ferrea? La tradizione vuole che proprio da re Teodorico in poi i sovrani germanici ricevessero la corona del regno d'Italia, detta “ferrea” per via della fiera durezza di Goti.  Il contesto storico-archeologico conferma la possibilità  che il prezioso gioiello fosse parte integrante  di  un casco composto da piastre metalliche, sormontato da un pennacchio di piume di pavone: insegna di potere, derivata dalla fusione tra il diadema gemmato di origine persiana, introdotto per la prima volta dall'imperatore Costantino, e gli elmi militari di tipo "spangenhelm"  indossati dell'élite militare barbarica tra il IV e il VII secolo.

Elmi barbarici del tipo "spangenhelm"(originale, museo arch. Norimberga; copia, mostra Costantino, Giussano) 


Numerosi sono i riferimenti allo scintillio di questi elmi metallici e al suono che essi producevano quando venivano colpiti in battaglia: i corpi armati germanici al soldo di Bisanzio avrebbero usato il metallo ottenuto dalla fusione delle armi e dalle armature sottratte ai nemici sconfitti, per farne decorare le superfici con gemme in castone.  Descrizioni vivide di questo copricapo sono note anche attraverso le raffigurazioni di monete ostrogote, dal più tardo frontale dell'elmo di Agilulfo (VII sec.) e soprattutto, dalla narrazione di re Totila a cavallo dataci dallo storico Procopio nel "De Bello Gothico". Immagine indelebile, quella del sovrano barbarico intento a passare in rassegna il suo esercito con la tradizionale cavalcata della lancia: indossava una corazza d'oro e un copricapo, dalle cui piastre “pendevano fiocchi di porpora e fregi d'ogni altro genere, degni di un re”.


Elmo di Berkasovo (Budapest, Museo Nazionale, IV sec.)

Al momento, questa nuova interpretazione concorre con quella, altrettanto valida, che contempla il prezioso gioiello come corona pensile sospesa per mezzo di catenelle sulla testa del sovrano in trono: altra tradizione bizantina, presa in prestito con successo dai Visigoti di Spagna.
L'analisi stilistica e chimica delle tecniche utilizzate nella produzione delle tre piastrine più antiche, in smalti cloisonné incastonati entro superfici decorate a granati, ha portato a datarle proprio all'età di Teodorico. Lo storico Ennodio descrisse uno smeraldo collocato proprio nel diadema: la pietra filosofale o elisir d'eterna giovinezza, simbolo di conoscenza occulta e iniziazione. Questa pietra era simbolo di un potere immenso: una gemma ricavata dalla testa di un serpente e utilizzata dalle popolazioni barbariche delle steppe per proteggersi dai morsi velenosi dei rettili.

Diademi unni con granati in castone (Inizi V sec. Colonia, Magonza, Szeged, Budapest) 

Simili smalti si ritrovano anche in un paio di fibule d'argento dorato provenienti dal Tesoro ungherese di Szilágysomlió, datato alla prima metà del V secolo, e attribuita ad artigiani gepidi sotto il dominio  unno. L'attribuzione della paternità della corona ad officine allora operanti tra il Mar Nero e il Bacino Carpatico negherebbe quella tradizionale, riferita ai Longobardi: questi ultimi si sarebbero  limitati a mantenere vivi i simboli della più antica tradizione gotico-bizantina.

Ricostruzione dell'elmo di Costantino

Alla fine dell'VIII secolo, con il restauro radicale della corona andò realizzandosi il recupero intenzionale della memoria storica del gioiello. Giunta in età carolingia danneggiata e privata di molti smalti, la corona fu affidata a un abile orafo che la sottopose a radicale restauro  e alla conseguente cerchiatura interna: ed ecco apparire altre ventun piastrine smaltate, color verde trasparente con  fiori bianchi e azzurri, attribuibili a un laboratorio carolingio dell'Italia settentrionale e tutt'oggi osservabili.
Fibule femminili da spalla, dal tesoro di Szilágysomlió (Budapest, Museo Nazionale, 1a metà V sec.)

Lungi dall'essere un chiodo della croce di Cristo,  il discusso cerchio, peraltro argenteo e non di ferro, rappresenta soltanto l'ultimo intervento in ordine di tempo, eseguito al fine di consolidare le piastre. Annotata con il nome di “corona cum uno circulo ferri”, a conferma di una consapevolezza maturata nel tempo,  la reliquia del chiodo sarebbe stata deliberatamente promossa solo dal 1355: dai Visconti, signori di Milano, all'interno di un più ampio disegno di auto-legittimazione ducale.

Marco Corrìas (alias Marc Pevèn) 

Corona pensile visigota di Guarrazar (Parigi, Musée de Cluny, VI sec.)

Foto n. 1-2 wikipedia, ; n. 3- 4-5-7-8 Marco Corrìas (alias Marc Pevèn);
n.6 dal catalogo della mostra "Costantino 313".

Bibliografia

Aimone 2011 
M. Aimone Nuovi dati sull’oreficeria a cloisonnè in Italia fra V e VI secoloRicerche stilistiche, indagini tecniche, questioni cronologiche, in Archeologia Medievale, XXXVIII, 2011, pp. 369-418. 

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E. A. Arslan, O. d'Assia, V. Bierbauer, M. Fiorio (a cura di), I Goti, Catalogo della mostra di Milano, Palazzo reale 28 gennaio-8 maggio 1994, Milano 1994.

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I. Baldini Lippolis – M. T. Guaitoli, Oreficeria antica e medievale. Tecniche, produzione, società, 2009. 

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I. Baldini Lippolis - A.L. Morelli, 2011.Oggetti-simbolo. Produzione uso e significato nel mondo antico, Bologna, 2011.

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Heather 2005 
P. Heater, I Goti. Dal Baltico al Mediterraneo. La storia dei barbari che sconfissero Roma, Genova 2005 (ed. originale in inglese Oxford 1996).

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P. Heater, L’Impero e i barbari. Le grandi migrazioni e la nascita dell’Europa, 2010.

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S. Lusuardi Siena, C. Perassi, G. Fachinetti, B. Bianchi, Gli elmi tardoantichi (IV-VI sec.) alla luce delle fonti letterarie, numismatiche e archeologiche: alcune considerazioni, in Miles Romanus dal Po al Danubio nel Tardoantico, Atti del Convegno Internazionale (Podernone-Concordia Sagittaria, 17-19 marzo 2000), 2002, pp. 21-62.

Lusuardi Siena 2005 
S. Lusuardi Siena, L’identità materiale e storica della corona: un enigma in via di risoluzione? In La corona ferrea nell’Europa degli Imperi II, alla scoperta del prezioso oggetto, Tomo Secondo: Scienza e Tecnica, Società di Studi Monzesi 2005, pp. 173-252.

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M. Kazanski, Les Goths (ler-VII aprés J.-C),  1991 pp. 76.

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M. Shchukin, M. Kazanski, O. Sharov, Des Goths Aux Huns: le Nord de la mer Noir eau Bas-Empire et à l’époque des grandes Migrations, 2006 



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