L'abbazia Cistercense di Valserena conosciuta come “la certosa di Parma” in riferimento all’ omonimo romanzo di Stendhal che sorge sulla via che già in epoca romana collegava Parma al Po, è oggi sede universitaria del Centro Studi e Archivio della Comunicazione.
La sua costruzione iniziò nel maggio del 1298 per volere di papa Bonifacio VIII e fu al tempo affidata ai monaci provenienti dall’ abbazia di Chiaravalle della Colomba (PC). Luogo romantico e misterioso, comprende una chiesa a croce latina in stile gotico lombardo e un presbiterio arricchito da affreschi e decorazioni cinquecentesche attribuiti a Cesare Baglione, pittore cremonese al servizio dei Farnese. Conosciuta anche sotto i nomi di Certosa di Paradigna e di Abbazia di San Martino dei Bocci, non deve essere confusa con la certosa di San Girolamo, detta anch’essa Certosa di Parma ma che all'epoca in cui Stendhal scrisse il romanzo, l’edificio aveva da tempo cessato di essere un monastero certosino.
La sua costruzione iniziò nel maggio del 1298 per volere di papa Bonifacio VIII e fu al tempo affidata ai monaci provenienti dall’ abbazia di Chiaravalle della Colomba (PC). Luogo romantico e misterioso, comprende una chiesa a croce latina in stile gotico lombardo e un presbiterio arricchito da affreschi e decorazioni cinquecentesche attribuiti a Cesare Baglione, pittore cremonese al servizio dei Farnese. Conosciuta anche sotto i nomi di Certosa di Paradigna e di Abbazia di San Martino dei Bocci, non deve essere confusa con la certosa di San Girolamo, detta anch’essa Certosa di Parma ma che all'epoca in cui Stendhal scrisse il romanzo, l’edificio aveva da tempo cessato di essere un monastero certosino.
La chiesa venne sconsacrata in epoca Napoleonica e da allora l’edificio fu adibito a vari usi: fu sede di guarnigione militare, fabbrica di conserve e addirittura ricovero di attrezzi agricoli fino ai più recenti lavori di restauro negli anni 80 che ha permesso il completo recupero degli spazi così come oggi li possiamo ammirare.
L’ abbazia è visibile da lontano quasi sospesa sul candido manto della nebbia invernale che cancella i campi intorno oppure al centro di un concerto di grilli e cicale nelle intense giornate estive quando il sole, che tramonta proprio in corrispondenza dell’ingresso principale, ne esalta i colori.
Varcato l’imponente arco ci si trova subito in una ampia e meravigliosa corte, che ospita alcune sculture, delimitata su tre lati da altrettanti edifici. Proprio di fronte all’ingresso principale si trova la foresteria: le cellette che ospitavano i monaci sono state riadattate a camere più moderne mantenendo comunque un arredo semplice, in alcune di esse è stato possibile mantenere gli affreschi originali cinquecenteschi su pareti e soffitti a testimonianza di una storia ormai passata.
Il resto del complesso è adibito a museo/archivio e raccoglie oltre 12 milioni di opere e documenti originali della comunicazione visiva dai primi decenni del ‘900 ai giorni nostri diviso in 5 sezioni: Arte, Fotografia, Media, Progetto e Spettacolo.
L’inestimabile patrimonio racchiuso in queste mura, che rappresenta un centro di conoscenza e ricerca internazionale, non è a sola disposizione di studiosi e critici per attività di ricerca e didattica ma anche e soprattutto a persone comuni che desiderano investire del tempo all’insegna della cultura e dell’arte in un luogo veramente speciale.
E quando giunge sera, qualsiasi sia la stagione, un alone magico circonda l’abbazia il silenzio e la pace dominano e aiutano, anche solo per una notte, a fuggire dalla frenetica vita contemporanea rifugiandosi nelle pagine di un libro, prestando attenzione ai rumori della campagna, ascoltando il sussurro del vento e guardando dalla finestra ancora aperta le stelle: tutte cose forse del passato ma che riempiono ancora il cuore di molti.
Ringrazio Marco, che lavora nell’abbazia, che con disponibilità e cortesia mi ha accompagnato a visitare le varie camere e parte dell’edificio permettendomi di realizzare questo articolo.
Marco Boldini