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La bocca sollevò dal fiero pasto quel peccator

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I termini cannibale e cannibalismo derivano dalla parola canniba, riportata per primo da Cristoforo Colombo. Il termine era utilizzato dagli amerindi delle Piccole Antille per designare alcune popolazioni dedite all'antropofagia. Cristoforo Colombo, di ritorno da uno dei suoi viaggi nei Caraibi, utilizzò la parola canniba per indicare i costumi dei nativi delle terre che aveva visitato, gettando le basi per giustificare il massacro di quelle popolazioni da parte dei conquistadores. Grazie all'esploratore genovese, la parola cannibalismo è sinonimo della pratica di mangiare i proprio simili. Il termine antropofagia indica un organismo che si nutre di esseri umani. Cannibalismo è impiegato per indicare l'atto di mangiare membri della propria specie mentre antropofagia è sinonimo di cannibalismo umano. 
Cibarsi di carne umana non era prerogativa delle popolazioni indigene dei Caraibi poiché, nel corso del tempo, sono emersi reperti archeologici di ossa umane che sembrerebbero attestare il cannibalismo rituale ad un tempo prima del tempo. Sino alla descrizione di Colombo, nel mondo occidentale non esisteva un termine per definire il consumo di carne umana da parte degli uomini, malgrado esistesse da sempre. Tuttavia non è facile stabilire quanto ci sia di veritiero nei singoli episodi tramandatici sotto varie forme nel Medioevo, dove il cannibalismo viene spesso presentato in maniera stereotipata o usata per sottolineare una punizione divina. In Occidente una delle tipologie più frequenti di tale pratica è il cannibalismo dettato da emergenze alimentari. Una delle prime cronache in Europa a riportare tale comportamento è quella di Idazio, vescovo di Chaves in Portogallo. L'opera tratta degli eventi occorsi tra il 379 ed il 468. In seguito all'irruzione dei vandali nella penisola iberica, nel 409 si scatena una carestia terribile, al punto da spingere il genere umano a cibarsi di carne umana sotto la pressione della fame, e le madri, anche loro, si nutrivano del corpo dei loro infanti dopo averli uccisi e cucinati. (R. W. Burgess, 1993). 
La stessa sorte sembra essere toccata ai cittadini romani nel 551, quando la città era assediata dalle truppe di Alarico. Procopio di Cesarea riferisce che una matrona romana aprì le porte al nemico, per compassione dei concittadini che stavano morendo di fame e di stenti ed erano arrivati a mangiarsi tra loro. Notizie similari le ritroviamo nell'anno 546 in merito all'assedio di Piacenza, dove i romani, sprovvisti di vettovaglie, furono spinti dalla fame a nutrirsi contro natura, mangiandosi tra loro. (Procopius Caesariensis, De Bello Vandalico). 
Un'altra grande carestia si ebbe nel 793 e di tutte le cronache dell'epoca solo gli Annales Mosellani riportano casi di cannibalismo: “la fame era cominciata l'anno precedente, si aggravò a tal punto che costrinse le persone non solo a cibarsi di cose immonde, ma in verità, anche a causa dei nostri peccati, essa costrinse l'uomo a mangiare l'uomo, il fratello a mangiare il fratello e la madre a mangiare i propri figli”. 
Fenomeni di cannibalismo si registrarono nella grande carestia dell'anno 868. Tre documenti diversi riferiscono del ricorso a tale pratica. Negli annali Sanctae Columbae Senonensis è descritta la carestia che colpì l'Aquitania e la Borgogna. La cronaca parla di fames et mortalitas inaudita, al punto che non si riusciva nemmeno a seppellire i morti. In un solo giorno nel villaggio di Sens furono rinvenuti 56 cadaveri. Si scoprì che nello stesso luogo uomini e donne uccidevano e mangiavano altri uomini. La cronaca aggiunge un episodio molto indicativo e particolare: una donna venne ospitata in una casa, in seguito fu uccisa e fatta a pezzi; fu messa sotto sale per essere cucinata e mangiata dal padrone di casa e dai suoi figli. 
Spesso, nelle cronache di quel tempo, appare evidente che la fame e il cannibalismo sono strumentalizzati per illustrare la collera divina abbattutasi su una regione. 
Un posto a parte meritano le cronache di Rodolfo il Glabro, monaco benedettino ed uno dei maggiori cronisti medievali. Scrittore incline al simbolico e al demoniaco, approccia le problematiche del tempo senza una successione cronologica degli eventi, cercando di conferire un ordine ed una spiegazione al caos della realtà. Rodolfo racconta della carestia degli anni 1005-1006 con le seguenti parole: Nello stesso periodo si ebbe una gravissima carestia, che durò cinque anni in tutto il mondo latino. Non c'era paese della cui indigenza e mancanza di pane non si sentisse parlare. Gran parte del popolo morì consunta dall'inedia. Era una fame orrenda che induceva a nutrirsi non solo con le carni di animali schifosi e di rettili, ma perfino di uomini, donne, bambini, senza riguardo neppure per i più stretti legami di sangue. 
Accanto al cannibalismo dettato dalla fame esiste un'altra forma variamente attestate che è l'uso di cibarsi della carne del nemico. In Italia le testimonianze storiche non mancano, tra queste possiamo citare Bernardino da Siena. Il teologo fornisce esempi di uccisione dei nemici: essi venivano lacerati, il loro cuore strappato dal petto e divorato crudo, mentre i corpi venivano arrostiti e poi mangiati. (Bernardino da Siena, Prediche volgari di San Bernardino da Siena). 
Casi di antropofagia e di divoramento dei cadaveri dei nemici si registrarono a partire dal XII secolo in Sicilia e poi ancora nei corso dei secoli in vari regioni d'Italia, fino alle soglie dell'epoca moderna nella Milano del 1476, quando il corpo dell'assassino di Gian Galeazzo Maria Sforza fu trascinato per la città ed alcuni cittadini gli morsero il cuore, il fegato e la mano. 
Una particolare rielaborazione del tema del cannibalismo, che resisterà a lungo nelle culture popolari europee, affiora nelle lunghe dispute teologiche medievali ed inquisitoriali riguardo i fenomeni di licantropia, vampirismo e stregoneria. Per comprendere sino a che punto fosse arrivata la follia stregonica con le accuse di cannibalismo rituale infantile basterebbe leggere quanto riportò il frate domenicano J. Nider nel suo celebre Fornicarius. Secondo il frate, comportandosi come lupi che divorano la propria prole, alcune streghe oltre ad aver praticato una serie di aborti avevano cotto i loro stessi figli appena nati e li avevano mangiati. L'opera di Nider fu una delle principali fonti del famoso Malleus Maleficarum, la guida per gli inquisitori scritta dai domenicani Kramer e Sprenger. 
Nella stregoneria vengono a confluire tutte le accuse di omicidio e di antropofagia, e tale sincretismo è destinato a segnare un immaginario che, attraverso la letteratura, perdura sino ai nostri giorni.

Fabio Casalini

Bibliografia 

A. Montanari, Il fiero pasto. Antropofagie medievali, Bologna, il Mulino, 2015 

E. Petoia, Storia segreta del Medioevo, Roma, Newton Compton Editori, 2018

FABIO CASALINI – fondatore del Blog I Viaggiatori Ignoranti
Nato nel 1971 a Verbania, dove l’aria del Lago Maggiore si mescola con l’impetuoso vento che, rapido, scende dalle Alpi Lepontine. Ha trascorso gli ultimi venti anni con una sola domanda nella mente: da dove veniamo? Spenderà i prossimi a cercare una risposta che sa di non trovare, ma che, n’è certo, lo porterà un po’ più vicino alla verità... sempre che n’esista una. Scava, indaga e scrive per avvicinare quante più persone possibili a quel lembo di terra compreso tra il Passo del Sempione e la vetta del Limidario. È il fondatore del seguitissimo blog I Viaggiatori Ignoranti, innovativo progetto di conoscenza di ritorno della cultura locale. A Novembre del 2015 ha pubblicato il suo primo libro, in collaborazione con Francesco Teruggi, dal titolo Mai Vivi, Mai Morti, per la casa editrice Giuliano Ladolfi. Da marzo del 2015 collabora con il settimanale Eco Risveglio, per il quale propone storie, racconti e resoconti della sua terra d’origine. Ha pubblicato, nel febbraio del 2015, un articolo per la rivista Italia Misteriosa che riguardava le pitture rupestri della Balma dei Cervi in Valle Antigorio. Nel 2018 pubblica il suo secondo libro, in collaborazione con Rosella Reali, per la casa editrice Albatros dal titolo E' una storia da non raccontare. 

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