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Rita e il Porajmos (Lo sterminio di Rom e Sinti)

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La vita di Rita, donna tedesca d'etnia sinti, cambiò improvvisamente mentre guidava la propria automobile lungo una strada sperduta dello stato di Washington, negli Stati Uniti. Rita perse i sensi ed andò a sbattere contro un palo della luce. Sul posto giunsero i soccorsi che la trasportarono ad un vicino ospedale. Quando la donna si riprese fu tempestata dalle domande dei medici che avevano analizzato gli esami e le lastre; quelle precise domande avevano lo scopo di risalire alle cause delle cicatrici, vecchie, che aveva dietro gli occhi. La donna non trovò risposte e decise di contattare la madre, che viveva in Germania, per conoscere qualcosa del proprio passato. L'anziana signora la raggiunse dopo un paio di giorni ed iniziò a raccontarle del Porajmos e del dottor Heyde. Rita conobbe in questo modo l'atroce vicenda umana che toccò a lei ed alla gemella Rolanda. Prima di approfondire la storia di Rita, e della gemella Rolanda, dobbiamo risalire la linea del tempo ed addentrarci nella conoscenza del Porajmos e del dottor Heyde.
Il Porajmos, traducibile con devastazione o grande divoramento, è il termine con cui Rom e Sinti indicano lo sterminio del proprio popolo perpetrato da parte dei nazisti durante la seconda guerra mondiale. Si stima che i nazisti provocarono la morte di circa 500.000 sinti e rom. La diffidenza e le origini storiche della discriminazione verso gli zingari risale al medioevo poiché, essendo nomadi, si mostravano diversi dalle altre popolazioni per usi e costumi. Risalendo velocemente nella cronologia degli eventi riguardanti queste popolazioni giungiamo al 1933, anno in cui Hitler divenne Cancelliere. In quell'anno il numero di zingari che vivevano nel Reich ammontava a circa 25.000 individui. La natura nomade di queste popolazioni fu la base per cui la società tedesca iniziò a vedere gli zingari come razza straniera, quindi non ariana.
Gli zingari erano cittadini tedeschi come gli altri; lavoravano come giocolieri nei circhi, danzatori, musicisti e non pochi di loro erano proprietari di sale da ballo. Alcuni servirono nell'esercito, sino a raggiungere la decorazione militare della Croce di Ferro. Con l'avvento del nazismo la condizione di rom e sinti si modificò sensibilmente tanto che alcune istituzioni, come il Servizio informazioni sugli zingari di Monaco di Baviera, che studiavano il fenomeno furono convertiti in Uffici per la lotta alla piaga zingara. I nazisti utilizzarono i dati di questi istituti per avvalorare la tesi per cui gli zingari non appartenevano alla razza ariana e, quindi, dovevano essere catalogati come razza impura. Una pietra miliari per la persecuzione degli zingari fu il libro razzista di Tobias Portschy, edito nel 1938: La questione zingara. Un secondo mattone fondamentale per il pregiudizio contro rom e sinti fu un articolo apparso su una rivista medica a firma di Robert Ritter.
Il medico affermava che gli zingari, a causa delle loro migrazioni, non potevano essere considerati ariani puri ma ariani decaduti, appartenenti ad una razza degenerata. Ritter rincarò la dose scrivendo che gli zingari erano pericolosi per la società tedesca poiché erano portatori di un gene pericoloso, l'istinto del nomadismo. Una volta entrato nelle grazie della popolazione tedesca, Ritter convinse le masse che l'unica soluzione possibile per quella razza degenerata e criminale fosse la sterilizzazione forzata di tutti i nomadi. In seguito alle sue affermazioni fu promosso direttore dell'Istituto di biologia criminale. Da quella posizione privilegiata, Ritter curò personalmente la redazione di 30.000 schede di rom tedeschi. Sulla maggioranza di quelle schede il medico scrisse la parola tedesca evak, assimilabile ad evacuata. Quella singola parola indicava il viaggio dei rom verso i campi di concentramento.
Con l'avanzare delle truppe naziste nel cuore dell'Europa, aumentò considerevolmente il numero di zingari uccisi o deportati nei lager. Le cifre, approssimative, raccolte dai ricercatori nel corso della storia parlano di almeno 500.000 tra rom e sinti morti per mano nazista. Il numero potrebbe essere arrotondato per difetto: basti pensare che 30.000 zingari trovarono la morte nei campi di concentramento di Sobibor e Treblinka, altri 7.000 furono soppressi ad Auschwitz ed almeno 20.000 a Birkenau. Occorre ricordare che uno dei metodi prediletti dai nazisti durante l'attacco all'Unione Sovietica fu la fucilazione di massa. Il fenomeno è facilmente spiegabile con il fatto che gli zingari non sono abituati, per cultura, a vivere in luoghi fissi per lunghi periodi di tempo. I nomadi tendevano ad insorgere e fuggire dai ghetti dove erano reclusi durante l'avanzata nazista. Questo comportamento spinse le autorità tedesche ad eliminare numerosi zingari ancora prima che fossero indirizzati ai lager.
Rita, e Rolanda, come entrano in questa vicenda terribile?
Rita nacque nel 1943 a Wurzburg in una famiglia numerosa. I nonni costruivano cesti per i viticoltori mentre il padre suonava il violino in una banda musicale. La madre di giorno lavorava in fabbrica mentre la sera diventava cantante ed attrice. Con l'avvento delle persecuzioni di massa la vita della famiglia di Rita cambiò radicalmente. Prima di essere sottoposta alla sterilizzazione, la madre di Rita riuscì a rimanere incinta. La Gestapo la convocò per procedere all'aborto immediato. Quando dagli esami risultò che Theresia era in attesa di due gemelle gli fu imposto un ultimatum: se non avesse lasciato le bimbe ai medici nazisti le avrebbero imposto l'aborto e la deportazione immediata ad Auschwitz.
Nella città tedesca d'origine delle gemelle operava il dottor Heyde, seguace di Mengele, specializzato negli esperimenti sui gemelli e non solo. Il dottor Heyde fu il consigliere di Hitler per quanto concerne l'utilizzo del monossido di carbonio per l'eliminazione degli esseri umani internati nei campi di sterminio. La storia dello sterminio delle persone internate iniziò con le iniezioni letali, ma il metodo risultò lento ed inefficace; con l'avanzamento della guerra, momento nel quale i farmaci utilizzati per lo sterminio divennero scarsi, risultò chiaro che sarebbe stato necessario trovare un altro metodo. Le alte gerarchie tedesche optarono per la soluzione proposta da Heyde, ovvero l'uccisione mediante monossido di carbonio puro, a differenza di quanto avvenne in alcuni campi dove il gas era prodotto con i fumi di scarico dei grandi motori.
Theresia, la madre delle gemelle, fu costretta a scegliere l'abbandono delle figlie nelle mani dei medici nazisti, entusiasti di avere a disposizione altri corpi sui quali effettuare i loro devastanti e perversi studi. Theresia, tempo dopo la nascita delle bimbe, si recò all'ospedale dove sapeva essere internate le figlie. Dopo aver convinto un'infermiera, riuscì a vedere Rita. La stessa infermiera, dopo alcune insistenze di Theresia, condusse la madre in una stanza da bagno. In quel luogo tetro e maleodorante vide il corpo della piccola Rolanda giacere all'interno della vasca da bagno. La piccola aveva indosso una maglietta e la testa risultava fasciata. Rolanda era morta in seguito a delle iniezioni di inchiostro negli occhi. Il motivo di questa depravata pratica era quello di tentare di modificare il colore degli occhi dei piccoli reclusi. Rolanda morì, abbandonata a se stessa i una vasca da bagno, che ancora non aveva compiuto 2 mesi.
Theresia, esausta e sopraffatta dal dolore, corse nella stanza di Rita e la prelevò per condurla nella cappella di Santa Rita, dove la fece battezzare. Due giorni dopo le SS si presentarono a casa della famiglia per prelevare la piccola Rita.
Dopo il prelievo forzoso, Theresia perse ogni tipo di rapporto con la piccola Rita sino a quando non giunse a casa della famiglia una lettera, inviata dalla Croce Rossa, che conteneva le istruzioni per andare a riprendere la figlia.
Da quel momento Theresia Seible oscurò ogni notizia circa il passato della figlia, che soffriva di dolori alla testa lancinanti e che fu esonerata dall'obbligo di andare a scuola. I dolori dipendevano dal fatto che anche Rita fu sottoposta al trattamento per il cambio del colore degli occhi.
Ma invano, poiché i suoi occhi sono di un bellissimo colore verde.
Se uno di quei fortissimi dolori non avesse colpito improvvisamente Rita Prigmore, mentre guidava l'automobile, il genere umano avrebbe perduto un importante testimone delle violenze naziste perpetrate ai danni dei bambini.

Fabio Casalini

Bibliografia 
L'Osservatore romano, La testimonianza della zingara Rita Prigmore, vittima delle atroci sperimentazioni naziste: Perché vi racconto la mia storia, aprile 2013 

Robert J. Lifton, I medici nazisti. La psicologia del genocidio, Milano, BUR, 2003 

Giorgio Giannini, Vittime dimenticate, lo sterminio dei disabili, dei rom, degli omosessuali e dei testimoni di Geova, Stampa Alternativa, Viterbo 2011 

Il Giornale, Io, sopravvissuta a Mengele. Voleva cambiarmi gli occhi, febbraio 2013

FABIO CASALINI – fondatore del Blog I Viaggiatori Ignoranti
Nato nel 1971 a Verbania, dove l’aria del Lago Maggiore si mescola con l’impetuoso vento che, rapido, scende dalle Alpi Lepontine. Ha trascorso gli ultimi venti anni con una sola domanda nella mente: da dove veniamo? Spenderà i prossimi a cercare una risposta che sa di non trovare, ma che, n’è certo, lo porterà un po’ più vicino alla verità... sempre che n’esista una. Scava, indaga e scrive per avvicinare quante più persone possibili a quel lembo di terra compreso tra il Passo del Sempione e la vetta del Limidario. È il fondatore del seguitissimo blog I Viaggiatori Ignoranti, innovativo progetto di conoscenza di ritorno della cultura locale. A Novembre del 2015 ha pubblicato il suo primo libro, in collaborazione con Francesco Teruggi, dal titolo Mai Vivi, Mai Morti, per la casa editrice Giuliano Ladolfi. Da marzo del 2015 collabora con il settimanale Eco Risveglio, per il quale propone storie, racconti e resoconti della sua terra d’origine. Ha pubblicato, nel febbraio del 2015, un articolo per la rivista Italia Misteriosa che riguardava le pitture rupestri della Balma dei Cervi in Valle Antigorio. Nel 2018 pubblica il suo secondo libro, in collaborazione con Rosella Reali, per la casa editrice Albatros dal titolo E' una storia da non raccontare. 


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