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La leggendaria rapina di via Osoppo a Milano

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Ogni volta che passiamo con la macchina nei pressi di piazzale Brescia a Milano mio papà me lo racconta sempre mostrandomi l’incrocio di Via Osoppo con Via Caccialepori, dove alla fine degli anni 50 sette persone, senza necessità di sparare un solo colpo, misero a segno “la più sensazionale rapina che mai la cronaca milanese abbia registrato”. E io lì ad ascoltarlo ogni volta, per nulla annoiato e con rinnovata curiosità, anche se la storia è sempre la stessa. Quest’anno, il 27 del mese di Febbraio, ricorrono 60 anni da quella data e ho deciso di approfittare della ricorrenza per condividere questo ricordo con i lettori. Dalle ricerche che ho effettuato, anche sui quotidiani del tempo, le versioni differiscono su alcuni particolari io ho preferito rimanere il più vicino possibile alla versione raccontata da mio padre arricchendola di particolari.

I 7 uomini d’oro

I componenti di questa banda che passò alla storia, sono persone insospettabili appartenenti alla media borghesia alcuni di essi lavorano e il 27 del mese ritirano lo stipendio altri invece – spinti dalla fame vera - si sono lasciati trascinare nel giro dei balordi del quartiere, quella che a Milano si chiamava la «ligera», cioè malavita leggera, che non fa uso di armi e non si sporca di sangue ma campa di truffe, furti e borseggi. Conosciamo ora i protagonisti di questa storia vera: Ugo Ciappina, all’epoca trentenne, è un uomo riflessivo e meticoloso è lui, secondo gli investigatori, l’ideatore del colpo che deve essere fatto al 27 del mese: “San Paganino” quando il portavalori è maggiormente carico di soldi per pagare gli stipendi. 
Enrico Cesaroni, capo dell’omonima banda meneghina, meglio conosciuto nell’ambiente come “Enrico il droghiere” abitante in via Chinotto 40, il luogo ove la banda nasconde la refurtiva dopo il colpo. Fu lui che nelle settimane precedenti al colpo seguì il furgone segnalando gli spostamenti, cronometrando i tempi e verificando eventuali intoppi affinché tutto risultasse impeccabile.
Ferdinando Russo, detto «Nando il terrone», è colui al quale viene affidato il compito di segnalare - il 27 Febbraio - l’arrivo del furgone portavalori e che, a causa dei suoi problemi di vista, per un soffio rischia di far fallire il colpo confondendo un mezzo simile con il blindato da assaltare.
Luciano De Maria che abita con mamma e moglie in una villetta in via Tiepolo 33, Arnaldo Gesmundo detto “Jess il bandito” residente nella zona di Via Padova i cui genitori fanno i portinai nello stabile di Via Washington al civico 80, Eros Castiglioni detto «il play boy», ex pugile e ladro d’auto, nonché dongiovanni e sciupafemmine residente in zona Ticinese.
Dulcis in fundo Arnaldo Bolognini “l’uomo dei panini al formaggio”: il trentenne autista del camion Leoncino OM che, in anticipo rispetto all’appuntamento delle 9:00, si lascia tentare dalla fame ed entra in una drogheria ordinando un etto di taleggio e due panini. Questa sua leggerezza – essendo l’unico in quel momento senza passamontagna - permette alla polizia, grazie alla testimonianza del salumiere Princetti, di delineare un primo identikit sulla base del quale partono le indagini. 
Tutti avrebbero dovuto indossare, oltre al passamontagna, una tuta blu da operaio per potersi poi meglio confondere fra i passanti visto la densa presenza di fabbriche in tutta Milano. L’unico che non la indossa è Ugo Ciappina che attende il momento dell’azione da un dentista nei pressi di Via Osoppo – accompagnato dalla moglie - per crearsi un alibi, cosa che gli riesce solo parzialmente: il dentista effettivamente conferma la circostanza senza però essere in grado di ricordare a che ora Ciappina fosse andato via. Effettivamente si assentò pochi minuti, e torna dalla moglie dopo aver compiuto la rapina. Né lei, né il dentista, si erano accorti di nulla, rimanendo increduli di come avesse potuto partecipare alla rapina del secolo in così poco tempo. La sua colpevolezza fu definitivamente confermata al ritrovamento della sua parte di bottino in due secchi murati sotto il lavandino della cucina del Bolognini.

Il colpo del secolo
Sono le ore 9:00 di un freddo giovedì 27 Febbraio del 1958, un giorno apparentemente come tanti altri ma che in meno di un’ora passerà alla storia per il colpo del secolo. Il furgone portavalori, un vecchio modello Fiat a quattro portiere, parte dalla sede centrale della Banca popolare di Milano di piazza Meda. Fa alcune consegne alle filiali dell’istituto di credito ed è pronto a dirigersi verso quella di Via Rubens e successivamente in quella di Via Solari: il solito percorso che tre volte alla settimana viene ripetuto come una sorta di pellegrinaggio.
A bordo l’autista e al suo fianco il commesso, entrambi dipendenti dell’istituto di credito, e sul sedile posteriore - armato di mitra - Matteo Tedesco, un agente di PS appositamente previsto per questo tipo di viaggio a custodia del prezioso carico. Nei pressi della Via Osoppo sono in attesa sette uomini con quattro mezzi rigorosamente rubati nei giorni precedenti al furto e con targhe false.
Come tutti gli altri giorni, alle 9:30 precise, il furgone blindato imbocca senza indugi la Via Osoppo quando, all’improvviso, una Fiat 1400 color caffelatte all’apparenza impazzita, gli taglia la strada, scavalca lo spartitraffico permettendo all’autista, di gettarsi nell’erba, e finisce la sua corsa contro il muro del palazzo in corrispondenza del civico 7. Un astuto diversivo che sortisce l’effetto sorpresa lasciando gli occupanti del furgone vagamente interdetti nel tentativo di capire cosa sta succedendo. I passanti fermi a guardare attirati dallo schianto dell’auto, probabilmente anche il furgone si ferma o quantomeno rallenta di molto l’andatura.
L’autista del blindato, forse spronato da un ormai inutile presentimento, intuisce che c’è qualcosa che non va e tenta di allontanarsi ma è troppo tardi! Arnaldo Bolognini è li da tempo in attesa del suo momento e, senza esitazione, lancia come un ariete il camion OM Leoncino di colore grigio contro il bersaglio bloccando i due mezzi in prossimità dell’incrocio con Via Caccialepori.
In pochi secondi l’autista scende dal camion e si avventa sul furgone, l’agente della sicurezza tenta di intervenire ma Bolognini con un martello, che utilizza per frantumare il vetro, lo neutralizza. Subito dopo tocca agli altri due occupanti che, inermi e tramortiti dall’impatto, non possono far altro che ubbidire agli ordini del bandito.
Gli altri uomini del commando, arrivati con un furgone e una Giulietta Sprint, sono già tutti intorno al blindato e mentre uno di loro brandisce il mitra per far passare qualsiasi velleità a qualche eroe di turno, gli altri svuotano il furgone dei contati e assegni per un valore totale di 70 Milioni di Lire come titola il Corriere della Sera del 1° Marzo ma altre fonti parlando di svariate centinaia di milioni di lire, fino a mezzo miliardo. Per dare un’idea dell’entità del bottino è sufficiente pensare che la paga media mensile di un operaio, in quegli anni, si aggirava sulle 47.000 Lire, quindi nella peggiore delle ipotesi ciascun componente della banda si è aggiudicato uno stipendio da operaio per un ventennio.
La dinamica del colpo, anche se apparentemente complessa, si svolge ordinatamente nell’arco di pochi minuti e mentre qualche cittadino cerca di comporre il numero per chiamare la polizia i banditi salgono lesti sul furgone e la Giulietta Sprint facendo perdere le loro tracce non prima di aver imitato il rumore del mitra con un secco “ta-ta-ta-ta”, proprio come fanno i bambini quando giocano a guardie e ladri, per spaventare con questa finta raffica chi avesse pensato di inseguirli.
Il luogo dell’incidente è li immobile, sembra che il tempo si sia fermato, i passanti si guardano con aria incredula e non si capacitano come, sotto i loro occhi, si sia consumato un colpo da manuale senza sparare un solo colpo e senza che nessuno venisse coinvolto o seriamente ferito.
I banditi intanto si sono rifugiati in Via Chinotto al 40, nell’appartamento del Cesaroni situato a piano terra a meno di 5 minuti dalla via Osoppo, dotato di un box attiguo dal quale è stato facile passare le valige senza che i vicini si accorgano di nulla.
Le indagini
La polizia interviene sul luogo, raccoglie testimonianze, fa sopralluoghi e formula ipotesi. Si dice che un venditore ambulante di Baggio riferisce u curioso particolare: circa un’ora prima della rapina aveva visto degli uomini, attorno ad un’auto e un camion, indossare delle tute da lavoro. Milano è passata al setaccio quartiere per quartiere partendo dal Giambellino dove si sapeva si era dileguato il commando: i primi risultati non tardano ad arrivare.
Nei giorni immediatamente successivi al colpo vengono rinvenuti, in un prato tra via Giambellino e via Lorenteggio e negli immediati dintorni rinchiusi nella valige originali asportate dal blindato, i titoli cosiddetti “inesigibili”. Anche il furgone usato per la rapina viene presto rinvenuto in zona, purtroppo senza impronte digitali.
Il 2 Marzo viene pubblicato sul quotidiano l’identikit molto semplice dell’ “uomo dei panini al formaggio” la didascalia di accompagnamento recita: “piuttosto bello, capelli rossi, viso ovale allungato, lentiggini, occhi chiari, colorito roseo, età 26-30 anni, accento settentrionale” che porta la polizia ad interrogare oltre 600 sospetti, tutti successivamente rilasciati.
La settimana successiva l'Olona - interessato dai lavori di copertura e quindi prosciugato -all’altezza del numero 9 di via Roncaglia restituisce le tute blu sulle quali è evidente l’etichetta “Casa della tuta Malpighi, tessuti e confezioni, via dei servi 32 Modena”. La polizia interroga il proprietario che riferisce di averle vendute pochi giorni prima a un ragazzo italiano di cui, però, non ricorda il nome.
Da un esame dei documenti trovati sulla Fiat 1400 usata per creare il diversivo, gli investigatori evidenziano che un paio di giorni prima del furto l’auto è stata portata da un meccanico per una sorta di revisione. Interrogato, il titolare dell’officina, non fa difficoltà a ricordare a chi l’aveva consegnata aggiungendo un prezioso tassello per gli investigatori.
L’ epilogo
I 7 uomini d’oro si spartiscono parte del bottino soprattutto contanti di piccolo taglio lasciando il resto celato in nascondigli talvolta piuttosto curiosi. Noncuranti degli investigatori ormai da tempo sulle loro tracce, fanno il più banale degli errori dandosi alla bella vita e sperperando il denaro tra Cortina e Cervinia. Proprio in quest’ultima esclusiva località i carabinieri arrestano Luciano De Maria e Ferdinando Russo che, dopo una breve fase a impersonare il ruolo dei “duri”, i modi non proprio vellutati della polizia di allora li scioglie e, senza farsi pregare, iniziano a confessare.
Prendere gli altri è solo questione di tempo e in men che non si dica Arnaldo Gesmundo detto «Jess il bandito», Arnaldo Bolognini “l’uomo dei panini al formaggio” e Ugo Ciappina sono condotti in carcere insieme con tale Ermenegildo Rossi, «il gregario» che custodiva le armi in via Plinio.
All’appello mancano Enrico Cesaroni “il droghiere” che è espatriato a Caracas in Venezuela e verrà incastrato qualche mese più tardi grazie a una cartolina che lui stesso aveva spedito. L’ex-pugile e “play boy” Eros Castiglioni, anch’egli rifugiato all’estero con l’amante, fu l’unico che riuscì a godersi per ulteriori due anni di difficile latitanza, i frutti della rapina poi anche lui fu preso. Le sentenze furono meno severe rispetto a quelle richieste e in generale comprese tra gli 8 e i 20 anni a seconda del ruolo che ciascuno aveva giocato in questa rocambolesca partita da una parte geniale e per alcuni tratti farcita da errori da principianti.
Questa è la storia di 7 uomini d’oro che hanno eseguito una rapina a regola d’arte senza sparare un colpo e senza ferire nessuno. In perfetta sintonia con le regole della “ligera” dove l’utilizzo della violenza era limitato al massimo e solo in casi eccezionali ma soprattutto proibiva di coinvolgere donne e bambini. Una “mala” disorganizzata e “romantica” con ladri "gentiluomini" talvolta capaci di sussurrare frasi in milanese allo sventurato derubato di turno.

Marco Boldini

Bibliografia
Corriere della Sera - mesi Febbraio-Aprile 1958.
Epoca - n. 388 del 9 marzo 1958, n. 392 del 6 aprile 1958 e numeri 409/410 del Luglio 1960

per i contributi del periodico Epoca ringrazio Leonardo e tutto il team di http://www.petitesondes.net che gentilmente hanno messo a disposizione il materiale.

MARCO BOLDINI
Nato nel 1969 sposato, 3 figli e il gatto Balthazar, 47 anni ma in realtà ventisettenne con vent’anni di esperienza, cittadino del mondo e milanese di nascita ma miazzinese e, più recentemente, tainese di adozione. Volubile e curioso cerco quando posso di fuggire dalla noia e dalla routine, ho potenzialmente sempre la valigia aperta, pronto a passare da un aeroporto all'altro, a conoscere lingue, persone, culture e paesi diversi che ritraggo in maniera dilettantistica con la macchina fotografica. Amo in uguale maniera la montagna, che ti parla con i suoi silenzi e ti regala indimenticabili albe e romantici tramonti; da qui forse l’interesse per questo blog.


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