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Benvenuta Benincasa, detta la Mangialoca

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L’archivio del tribunale dell’inquisizione di Modena, 1239 – 1785, è uno degli archivi italiani del sacro tribunale più completi oggi esistenti. Un ufficio dell’inquisizione era attivo a Modena già dagli ultimi anni del XIII secolo. 
La sede era all’interno del convento retto dai frati domenicani, che per il loro zelo furono chiamati cani del signore, giocando sul nome Domini canes.
Azzannavano l’eresia per difendere l’ortodossia della fede.
Nel 1370 si celebrò uno dei primi processi per stregoneria del nostro paese. A Modena si fronteggiarono Fra Tommaso da Camerino, domenicano e inquisitore, e Benvenuta Benincasa detta la Mangialoca.
Il frate non beneficiava delle regole riportate all’interno del Malleus Maleficarum, che vedrà la luce alla fine del secolo successivo. Era dotato di furbizia e arguzia. Basteranno?
Benvenuta Benincasa non era eretica, non contravveniva i dogmi della chiesa: si recava a messa, si confessava e si comunicava regolarmente come una perfetta devota. All’interno delle mura di casa teneva l’immagine della Madonna con il bimbo, illuminata dalla luce benedetta delle candele.
Tutti questi comportamenti furono dimenticati quando i domenicani decisero di convocarla per cercare l’eresia nei suoi comportamenti.
Delazione e confessioni, rubate dal segreto del luogo sacro, ebbero la forza di condurla alla vista del frate inquisitore.
Quel mattino di fine settembre il vento accompagnava il cammino della donna verso il convento dei domenicani.
Brividi inconsueti correvano lungo il corpo della guaritrice.
Capelli curati nel rosso che sbiadiva all’arancione dell’autunno della vita.
Una smorfia solcava il viso sorridente della donna.
L’incedere leggero della donna non lasciava trasparire il motivo della mattutina camminata.
I pochi modenesi che l’incontrarono, la salutarono come qualsiasi altro giorno.
Beneficeranno ancora delle sue cure?
Potranno in futuro ricevere la guaritrice presso le mura delle proprie abitazioni?
Il vento, aumentato d’intensità, portava con se le prime foglie cadute dagli alberi nel settembre della pianura padana. Benvenuta si apprestava ad attraversare il Naviglio che la distaccava dal convento e dalla vita precedente.  Ad attenderla Fra Tommaso da Camerino, scaltro ed attento osservatore del comportamento umano. L’inquisitore si trovava per la prima volta ad affrontare un processo per stregoneria.  Finalmente poteva misurarsi con una maga eretica. Molte domande pervadevano la mente dell’uomo mentre s’accingeva ad accoglierla nella sala dell’interrogatorio. Nei corridoi del convento si respirava aria lugubre e triste: atmosfera di un giorno di seduta inquisitoriale. Verso il fondo di quell’ampio spazio si stendeva una tavola semicircolare. Dietro la tavola, coperta per la sua interezza da un panno nero, s’intravedeva un seggiolone scuro, sormontato da un baldacchino. La visione era smorzata dalla scarsa luce, che rimbalzava dalle poche candele accese. Un gran camino, ricco d’accessori, chiudeva il lato a sinistra della tavola. Con molta probabilità alla vista dell’arredamento della stanza, Benvenuta comprese che l’incanto della vita si poteva concludere in quello spazio ampio e scarsamente illuminato.
La donna e Tommaso non erano soli nella stanza.
Benvenuta era l’unica donna.
Il frate era accompagnato dagli assistenti, tra cui Fra Nerio e Fra Donino, e due testimoni anch’essi uomini di chiesa: il custode del Duomo e il rettore della chiesa di San Barnaba in Modena.
Un veloce ricordo sconvolse la donna: il brivido che la percosse lungo il cammino poteva rappresentare un segno premonitore di quello che seguirà?
«In fondo non ho nulla da temere, sono una guaritrice, aiuto la gente, non faccio nulla di male »
La donna iniziava a cercare nel fondo del suo cuore le ragioni che le potevano garantire tranquillità.
Nel contempo Frate Tommaso sondava le caverne del pensiero umano alla ricerca d’accuse che potessero condurre la donna al rogo. Il primo pensiero fu un acceso monito degli eventi che seguiranno.
«Malignissima e perversa, turpemente ingannata dal demonio»
La stregoneria non era ancora sondata dagli inquisitori, che si limitavano nella ricerca dell’eresia. Secondo il frate si definivano eretici coloro che « consapevolmente credevano e predicavano contro i dogmi della chiesa cattolica.»
Il problema risiedeva nella visione di quella donna: non era eretica, non contraddiceva le regole cattoliche.
Così pensavano tutti.
Non il frate da Camerino.
Tommaso era rafforzato nelle convinzioni dalle testimonianze dei due preti che bollavano la donna d’eresia «per errore commesso nella fede cattolica».
Benvenuta Mangialoca, dal cognome del primo marito, dubitava ancora di poter cadere nell’eresia: la sua estrazione benestante gli permise di non chiedere mai denaro in cambio delle sue prestazioni.
Frate Tommaso iniziò l’interrogatorio, gentile e pacato come era d’abitudine dall’alto della loro forza, riferendosi alla presunta guarigione di certa donna nominata Agnese.
La donna, alla scarsa luce delle candele, rispose senza lesinare particolari « ho acceso candele benedette e recitato un’orazione, dieci Padre Nostro e altrettante Ave Maria davanti a una tavoletta su cui sono dipinte le immagini di Cristo e della Vergine».
Il frate quasi non credeva alle parole udite.
Il primo giorno, la prima domanda e la donna si accusa d’eresia.
Eccitato ma al contempo preoccupato per i comportamenti tenuti dalla donna, che a suo pensare si allontanavano dalla fede cattolica.
La donna continuò «in sogno mi apparve il mezzadro, che poneva sotto il letto della proprietaria della terra un osso e altri oggetti che servivano a fare malie: distruggendoli l’avevo liberata ».
Tommaso nell’estasi della felicità per aver scovato l’eretica permise alla donna di continuare il lugubre racconto.
«Sono in grado di scoprire con un solo sguardo chi è stato colpito da una maledizione. E’ una grazia che mi ha concesso Dio».
Il frate aveva sopportato abbastanza: a stento riuscì a richiudere le labbra al sentir nominare il padre nostro e l’Ave Maria, ma ora nomina Dio impunemente.
Una pausa si rendeva obbligatoria.
L’uomo era in preda a loschi pensieri.
Doveva arrestare la sua sacra forza.
Ripresero le domande.
Frate Tommaso indagò nelle parole e nei pensieri della donna «il diavolo è padre della menzogna figlia mia». Riprese gli spiriti e i sogni che aleggiavano dalle risposte precedenti «E questi spiriti ti dicono sempre la verità? Gli spiriti spesso ingannano».
Il mezzadro del sogno si era trasformato in spirito.
Il passo successivo era la trasformazione in demone.
La donna rispose, probabilmente, senza curarsi della trasformazione dell’uomo del sogno in spirito «no, ma se li interrogo una seconda volta lo fanno».
La domanda successiva dell’inquisitore rappresentò il punto di svolta del processo: «e pensi che lo spirito sia buono o malvagio?»
La Mangialoca rispose senza riflettere «Credo sia diabolico e diabolicamente trasmesso da colui che opera le fatture e le malie».
Il dado era tratto.
L’inquisitore, felice in cuor suo della risposta, concluse la giornata «come può credere di far cosa meritoria invocando gli spiriti maligni, essendo cosa proibita e condannata come eresia dalla Chiesa?»
Trascorsero giorni turbolenti per la mente e il corpo della donna accusata d’eresia e di praticare malefici.
Dalla sesta udienza gli spiriti si trasformarono in demoni nella mente e nelle parole dell’inquisitore.
Non solo l’eresia nella vita della donna, anche il paganesimo.
Tommaso come arrivò a formulare queste accuse?
Ancora una volta la donna confessò, senza ritrosie e pentimenti.
Benvenuta ammise di rivolgersi ad una stella, che la proteggeva dalla nascita.
Nella sala degli interrogatori i dubbi svanirono.
Una sola parola si associa all’eresia, il paganesimo.
Frate Tommaso pensò ad alta voce «adora una stella come i pagani, offre cibo agli spiriti maligni e li esorcizza per liberare chi è stato colpito da una fattura invocando Dio e San Geminiano, senza curarsi del fatto che solo gli uomini di chiesa hanno il permesso di compiere simili atti».
Le accuse, palesi nelle parole della donna, furono confermate da don Lazzaro, il quale affermava che in confessionale aveva raccolto le dichiarazioni di molte donne soddisfatte dei servizi della Mangialoca.
Fra Tommaso concluse con queste parole: «ritieni che questi comportamenti siano peccato e contro la fede cattolica?»
La donna, sfinita dalle domande e dalla lunga prigionia, rispose «si».
Il 7 ottobre la donna è riconosciuta eretica.
Interessanti le parole finali della sentenza: «Addolcendo il rigore della giustizia con molta misericordia, ma non lasciando impuniti così gravi e abnormi malefici, che sono contrari alla sacra fede ortodossa e in odore d’eresia e affinché questa peste perniciosa e depravata non si diffonda in futuro, si condanna alla pubblica confessione dei tuoi peccati».
Pubblica abiura ma non solo, poiché la donna giurò di non fare più invocazioni di demoni o scongiuri o fatture.
Fu costretta ad indossare pubblicamente il sambenito per ricordare la sua colpa e la magnanimità della chiesa cattolica.
Benvenuta Benincasa detta la Mangialoca evitò il rogo grazie alla storia: il Malleus Maleficarum punirà con la morte, per il tramite del fuoco, simili comportamenti.

Fabio Casalini


Bibliografia
Leone Maria Leonarda – I personaggi che hanno fatto grande il Medioevo – Newton Compton Editori, 2014

Tamburini Pietro – Storia generale dell’Inquisizione – Bastogi, 1866

Leone Maria Leonarda – Benvenuta vs Tommaso – Focus storia ottobre 2016 

* Consiglio vivamente il volume "I personaggi che hanno fatto grande il Medioevo" di Maria Leonarda Leone, libro coinvolgente.

* Tutte le fotografie si riferiscono al Duomo di Modena.

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