Il 18 novembre 1935 la Società delle Nazioni emise delle sanzioni economiche all’Italia come risposta all’attacco contro l’Etiopia. Tale assedio economico rimase in vigore dal novembre del 1935 al 4 luglio del 1936.
« Mussolini pagherà il fio della sua arroganza, scrivevano i giornali inglesi e francesi, guardandosi bene dal ricordare che, tutto sommato, l’aggressione italiana all’Abissinia non era per nulla diversa da quelle compiute dai loro eserciti quando si erano fagocitati l’intero continente africano. » [1]
« Mussolini pagherà il fio della sua arroganza, scrivevano i giornali inglesi e francesi, guardandosi bene dal ricordare che, tutto sommato, l’aggressione italiana all’Abissinia non era per nulla diversa da quelle compiute dai loro eserciti quando si erano fagocitati l’intero continente africano. » [1]
Se il colonialismo non era una colpa per la Francia e l’Inghilterra, per quale motivo doveva esserlo per l’Italia?
Questi eventi hanno portato in me la volontà di risalire alle cause che portarono alla nascita del colonialismo.
Il colonialismo è definito come l’espansione di una nazione su territori e popoli all’esterno dei propri confini, spesso per favorire il dominio economico delle risorse, del lavoro e del commercio di questi ultimi.
La nascita del colonialismo è fatta risalire al XVI secolo in contemporanea con le esplorazioni geografiche europee, assumendo nel corso del XIX secolo il termine d’imperialismo.
Il fenomeno del colonialismo dovrebbe portarci indietro nel tempo, non a ieri ma all’atro ieri, al tempo dei fenici, dei greci e dei romani. I fenici e i greci si spostavano dalla madre patria per fondare colonie nei territori vicini. Questi primi movimenti trovano fondamento nelle carestie, nella volontà di espandere il controllo commerciale e nel rifornimento di materie prime per il territorio dal quale erano partiti i colonizzatori.
I Fenici erano la maggior potenza commerciale del Mediterraneo durante il I millennio a.C. Fondarono colonie in Occidente sino alla Spagna, attraccando sulle coste di Cadice e Barcellona. La colonia più potente, e forse conosciuta, fu quella di Cartagine fondata da Tiro. Cartagine a sua volta fondò diverse colonie, Cartagena e Siviglia in Spagna e Trapani in Italia. In Italia altre città fenicie furono Cagliari e Palermo. Possiamo comprendere che i Fenici, grazie alla forte colonia di Cartagine, sottomisero buona parte dell’Africa del Nord e della Spagna, sfruttando le loro risorse.
L’impero marittimo ateniese conquistò l’Egeo arrivando a controllare alcune zone del Mar Nero, territori dai quali i greci ottenevano le materie prime necessarie al mantenimento della flotta. Questo fenomeno iniziò nel corso del XI secolo a.C. In un secondo momento, dal VII secolo a.C., i greci iniziarono a fondare città anche ad Occidente della propria patria. Potenti furono le colonie nell’Italia meridionale
Il colonialismo romano è leggermente diverso poiché si basava prevalentemente sulla motivazione politico – militare più che su quelle demografiche o commerciali. L’espansione romana trovava fondamento nel controllo dei confini e nell’acquisizione di nuove terre da poter distribuire ai veterani. La diversità dei romani era concettuale: adottando il motto Divide et Impera sfruttarono le rivalità interne tra le tribù locali, dei territori che colonizzavano, traendo vantaggio economico frammentando le potenziali difese nemiche.
Abbandoniamo la sera della storia per portarci nel pomeriggio, ad ieri.
Generalmente si usa il termine colonialismo in riferimento al fenomeno che prese in via in seguito alle prime spedizioni oceaniche degli esploratori europei.
Nel caso in cui dovessimo assumere la spedizione di Colombo come inizio del fenomeno, dovremmo ricordare che erano in vita insediamenti portoghesi nelle Azzorre e nelle Isole di Capo Verde. Nel 1494 tra Portogallo e Spagna si concluse il trattato di Tordesillas, in base al quale si divise il mondo al di fuori dell’Europa in un duopolio esclusivo tra impero spagnolo e portoghese. Interessante ricordare anche il come si divise: si assunse un meridiano nord-sud a 370 leghe (circa 1770 km) ad ovest delle Isole di Capo Verde e tutte le terre ad est di quel meridiano sarebbero appartenute al Portogallo, quelle ad Ovest alla Spagna. Il meridiano fu chiamato Raya, tradotto in linea o riga dallo spagnolo. Una piccola annotazione a margine: nel 2007 l’Unesco ha inserito il trattato nell’Elenco delle Memorie del Mondo.
Un aneddoto che pochi ricordano: in seguito ai viaggi di Colombo, Spagna e Portogallo per evitare la guerra invocarono l’arbitrato del pontefice, all’epoca Alessandro VI, che rispose con la bolla Inter Caetera del maggio 1493 nella quale si dividevano le terre scoperte tracciando una linea di demarcazione. Quella linea sarà la base per il trattato con il quale le due nazioni si accordarono l’anno seguente.
I due imperi non attesero molto tempo per spartirsi i territori: agli inizi del XVI secolo la Spagna sottomise il Messico Azteco e il Perù Inca mentre il Portogallo, qualche anno dopo, si appropriò dei territori che oggi assumono il nome di Brasile. Le dispute tra i due imperi non si sedarono grazie al trattato, che su seguito da altri sottoscritti a Saragozza nel 1529 e Madrid nel 1750.
In seguito al trattato di Tordesillas alle altre nazioni europee che conducevano viaggi esplorativi, Francia, Inghilterra e Paesi Bassi, fu negato l’accesso alle nuove terre, lasciano loro come possibilità la pirateria.
Tra XVI e XVIII secolo, tutte le potenze europee istituirono compagnie di navigazione. In Olanda e Inghilterra sorsero con capitali privati, in Francia sotto il controllo della Monarchia.
Ritengo utile una breve classificazione delle fasi nel colonialismo moderno.
Una prima fase, che corre dalla fine del 1400 al 1815, la potremmo definire di scoperta e conquista. Il colonialismo era prettamente mercantile, tranne la colonizzazione spagnola dell’America del Sud. In questa fase l’Inghilterra utilizza gli Stati Uniti e l’Australia come colonie di popolamento.
In una seconda fase, dal 1815 al 1874, l’interesse si sposta dalle Americhe all’Asia e Africa e contemporaneamente la Spagna perde il suo ruolo di guida del colonialismo a favore delle grandi potenze dell’Europa settentrionale. In questo periodo storico le colonie dell’America del Sud ottengono l’indipendenza dall’Occidente. Nel lasso di tempo compreso tra il 1810 e il 1824 in tutta l’America meridionale iniziano le guerre d’indipendenza sotto la guida di Simon Bolivar e Jos de San Martin. Al diretto controllo spagnolo lentamente si sostituiscono la pressione economica inglese e la politica degli Stati Uniti. Nel 1818 la compagna inglese delle Indie Orientali ottiene il controllo diretto dell’India. Negli anni a seguire nasce un regime coloniale basato sul disprezzo della società indigena e sulla volontà di trapiantare il sistema economico occidentale. Nel 1833, nonostante il disprezzo delle popolazioni locali, la Gran Bretagna abolisce la schiavitù e nel 1841 la tratta degli schiavi, seguita qualche anno dopo dagli Stati Uniti.
La terza fase, dal 1874 - al 1914, prende il nome d’Imperialismo. Le nazioni si mossero in funzione del prestigio internazionale e dell’intenzione di formare aree di mercato privilegiate per raggiungere l’autarchia.
La nascita del capitalismo portò all’imperialismo?
Il termine imperialismo divenne popolare da uno studio del 1902, dell’economista inglese John A. Hobson, e servì a definire una fase economica in cui la capacità produttiva della nazione era divenuta più elevata di quella relativa al consumo: da qui la necessità di cercare e creare nuovi e più ampi sbocchi per le merci e i capitali. Le grandi potenze e le imprese lottavano per la spartizione economica e politica del pianeta, stimolate in questo anche dalla nascita del movimento antagonista operaio.
Occorre aggiungere che il capitalismo in questo periodo storico uscì dalla sua fase pionieristica per comporsi in modo sempre più organizzato.
Un momento importante della storia recente lo troviamo nella Conferenza di Berlino del 1884-1885. I rappresentanti dei maggiori stati europei si spartirono l’Africa in reciproche sfere d’influenza.
Non solo capitale e sforzo militare. Secondo la teoria del fardello dell’uomo bianco, alle spalle di queste operazioni di colonizzazione vi era, o forse meglio sarebbe scrivere che sorse in seguito alle stesse, un’opera di civilizzazione delle barbare ed infantili popolazioni locali da parte dell’uomo bianco.
Da dove nasce questa considerazione?
Nel 1899 fu pubblicata per la prima volta la celebre poesia di Rudyard Kipling il Fardello dell’uomo bianco – the white man’s burden. L’opera di Kipling si riferiva in particolare modo alle conquiste intraprese dagli Stati Uniti nei confronti delle Filippine, ex colonie spagnole.
Negli anni a seguire la poesia fu letta come un manifesto del colonialismo e dell’imperialismo, e il fardello dell’uomo bianco divenne un modo diffuso per riferirsi alla necessità di civilizzare i paesi estranei alla tradizione europea. Questa teoria si ricollegava a teorie tratte dal darwinismo sociale, di Spencer, che presumevano di leggere nella teoria dell’evoluzione darwiniana una giustificazione scientifica della pretesa di superiorità dei bianchi sulle altre razze.
L’ultima fase, 1914 – 1945, vide il tramonto della missione civilizzatrice e protettrice della colonizzazione precedente. Si profilò un nuovo modello di penetrazione economica senza responsabilità politiche né coinvolgimento militare. Si crearono tre diverse politiche coloniali: da una parte i paesi di antica industrializzazione, Gran Bretagna e Francia, che cercarono di mantenere le colonie come mercato per le proprie merci; una seconda fascia di paesi di recente industrializzazione, Italia e Germania, che seguì una politica di espansione e per ultimi gli Stati Uniti che mirarono ad una politica di dominio neocoloniale.
Quest’articolo deve leggersi come introduzione a prossimi che narreranno del colonialismo italiano.
L’Italia, pur assente alla conferenza di Berlino, decise di muoversi egualmente per ragioni di prestigio internazionale e a causa del crescente influsso d’armatori e gruppi siderurgici.
Non dovremmo scordarci la convinzione che le colonie potessero rappresentare una valvola di sfogo per l’emigrazione.
Fabio Casalini
Bibliografia
Bibliografia
Angioni Giulio– Tre saggi sull’antropologia dell’età coloniale – Flaccovio, 1973
Bongiovanni Bruno– L’età dell’imperialismo. Il quadro storico – La storia del Corriere della Sera – 2012
Monteleone Renato– L’età dell’imperialismo: il movimento operaio e la seconda internazionale – La storia del Corriere della Sera - 2012
Petacco Arrigo - La storia ci ha mentito – Arnoldo Mondadori Editore Spa - 2014
Scammel Geoffrey, nella traduzione di Siccardi e Ghibellini – Genesi dell’Euroimperialismo – ECIG, 2000
Didascalie
1- Planisfero di Cantino con il meridiano di Tordesillas
2- Trattato di Tordesillas
3- Alessandro VI
4- Rudyard Kipling
Didascalie
1- Planisfero di Cantino con il meridiano di Tordesillas
2- Trattato di Tordesillas
3- Alessandro VI
4- Rudyard Kipling
[1] Arrigo Petacco - La storia ci ha mentito – Arnoldo Mondadori Editore Spa - 2014