Questa vicenda riguarda il trasferimento della Sindone nell'Abbazia di Montevergine in provincia di Avellino, fondata da Guglielmo di Vercelli nel 1126. Tale luogo, in cui si nascose la Sindone durante il periodo bellico, non fu scelto soltanto per i requisiti di sicurezza che garantiva la zona, ma anche per i legami dei Savoia con i monaci benedettini che affondavano le radici fin dal lontano 1433, quando Margherita di Savoia (1416-1479), figlia del celebre duca Amedeo VIII di Savoia detto il Pacifico ( che tra il 1439 e il 1449 divenne l'ultimo antipapa con il nome di Felice V) in segno di devozione e riconoscenza verso la Madonna di Montevergine per essere scampata a un naufragio donò alla comunità monastica uno splendido affresco.
L’ultima visita al Santuario del re Vittorio Emanuele III e della regina Elena avvenne il 27 dicembre 1944. La seconda guerra mondiale era iniziata il 1 settembre 1939 con l’invasione tedesca della Polonia. L’Italia era ancora neutrale e sarebbero passati quasi nove mesi prima della dichiarazione di guerra alla Francia e all'Inghilterra. Perché allora tanta fretta di mettere al sicuro la Sindone? E come spiegare la mobilitazione della Santa Sede e del Re mentre Mussolini e il regime fascista venivano tenuti all'oscuro dell’operazione?
Tutto ciò lascia intuire che i Savoia erano consapevoli del rischio dell’ imminente entrata in guerra dell’Italia al fianco della Germania nazista. E proprio per questo motivo avevano ritenuto opportuno trasferire in gran fretta la Sindone dalla cappella del Guarini nel Palazzo Reale di Torino, dove era custodita, presso il palazzo del Quirinale. Infatti l’8 settembre 1939 di nascosto la Sindone fu trasferita da Torino e venne collocata nella cappella detta di Guido Reni. Però neppure Roma, era considerata una località sicura e perciò anche la proposta di spostare la reliquia all’interno delle mura vaticane fu bocciata e a seguito di una consultazione fra re Vittorio Emanuele III e papa Pio XII, fu scelta l’Abbazia di Montevergine ritenuta più sicura del Vaticano e di Montecassino.
Fu il 7 settembre del 1939 a sette giorni dall’ invasione della Polonia che l'Abate di Montevergine Ramiro Marcone fu convocato telegraficamente in Vaticano. Non ci furono al suo arrivo nei palazzi apostolici, grandi convenevoli né attese: il Cardinal Luigi Maglione, lo attendeva con ansia e volle vederlo subito. Don Ramiro non riusciva a comprendere il motivo di tanta fretta, il motivo di quel burocratico telegramma di convocazione senza avviso telefonico. Fu subito informato che il re aveva fatto trasferire, data la situazione internazionale, la Sindone al Quirinale. Nemmeno il Vaticano sarebbe stato sicuro se l'Italia, com'è certo, fosse entrata in guerra. Perciò si era pensato all’ Abbazia di Montevergine.
Passarono diciotto giorni, e il 25 settembre la Sindone, fu trasportata a Montevergine in automobile, senza nessuna apparente scorta militare, sotto la vigilanza di Monsignor Paolo Busa, primo cappellano del re e custode, a Torino, dell'eccezionale reliquia, e di Monsignor Giuseppe Garglio, secondo cappellano del re. La cassa contenente la Sindone, venne posta sotto l'altare del coretto di notte, chiusa a chiave da un robusto paliotto di legno. Tutto si era svolto segretamente e di questo trasferimento erano al corrente oltre all’ abate alcuni testimoni fra cui il vicario Don Anselmo Tranfaglia ( che sarà abate dal 1952 ), il "superiore invernale" del Santuario e il "padre sacrista", solo perché stessero all'erta per ricoverare la Sindone, in caso di eventuali incursioni aeree nella ben più munita galleria sotterranea che univa il monastero al cosiddetto Ospizio Nuovo.
Nell’«operazione Sindone» furono coinvolti, oltre al papa e al re, il cardinale segretario di stato Luigi Maglione che giunse a Montevergine il 27 settembre 1939 (il 25 sera era giunta la Sindone) accompagnato da monsignor Giovanni Battista Montini, allora come lui sostituto alla segreteria di stato vaticana.
Si è sempre pensato che il trasferimento della Sindone da Torino fosse dovute a motivi bellici precauzionali cioè di preservarla da un rischio di distruzione dovuto ad attacchi aerei ma solo recentemente è stata avanzata la suggestiva ipotesi secondo la quale il trasferimento della sacra reliquia a Montevergine fu disposto, in realtà, per impedire che finisse nelle mani del Führer che amava la preziosa reliquia e desiderava trafugarla allo scopo di assecondare le manie esoteriche che condivideva con Himmler e molti altri gerarchi nazisti…. Infatti molti esponenti nazisti erano alla ricerca di famose reliquie e oggetti mistici reali o immaginari, come il Santo Graal, la lancia di Longino, l’Arca dell’Alleanza etc. Era noto, infatti, che reliquie tradizionalmente connesse con la Passione di Cristo facevano gola a Hitler al punto che si era impossessato della Lancia di Longino custodita nel Tesoro imperiale di Vienna, ed aveva incaricato il colonnello delle SS Otto Rahn di cercare il Santo Graal anche se l’ impresa non fu mai portata termine anzi il Otto Rahn mori suicida in maniera misteriosa.. Non va dimenticato che l’Italia si era legata sempre più alla Germania nazista e che l’attendibilità della Sindone e la grande devozione che essa suscitava nel popolo cristiano avrebbero impresso il marchio del sacrilegio ad ogni tentativo di renderla oggetto di violenza o di utilizzarla per fini non religiosi.
Ma Hitler la voleva, come si evince da quanto segue. Dopo l’ otto settembre del 1943, i tedeschi sono padroni assoluti di gran parte dell'Italia meridionale; si trovano anche a Montevergine ma non li sfiora neppure il sospetto che in quel santuario si celi una delle più importanti reliquie della cristianità , anche se durante il periodo di permanenza della Sindone, ci furono alcune incursioni naziste nel monastero. Esse, tuttavia, vanno interpretate come normali perquisizioni. Se infatti i nazisti fossero stati davvero convinti di aver fiutato la pista giusta per ritrovare la Sindone di certo non avrebbero esitato a mettere a sottosopra l’intero complesso monastico per trafugarla. Il segreto non trapelò mai e neppure i numerosi pellegrini che si recavano a Montevergine ebbero mai il sospetto che il quel luogo fosse custodito il lenzuolo. La collocazione a Montevergine comportò qualche rischio quando l’avanzata degli eserciti alleati interessò la zona di Avellino; la città irpina, il 14 settembre 1943, subì infatti un pesante bombardamento americano. L’abbazia, data l’altitudine, divenne l’osservatorio delle truppe tedesche prima e anglo americane dopo. Il Santuario dopo il bombardamento di Avellino si aprì a circa millecinquecento persone che furono sfamate e medicate dai monaci benedettini. I tedeschi prima del tramonto arrivarono a Montevergine lo stesso giorno in cui Avellino venne bombardata e perquisirono gli ambienti dell’abbazia, entrarono nella cappella dove era custodita la Sindone senza sospettare nulla. Ritornarono alle ore 23 e i soldati entrarono nuovamente nella cappella che ospitava la Sindone ma, visti i monaci in preghiera, ebbero dal loro capitano l’ordine di uscire per non disturbare. Il primo ottobre 1943 arrivò all’abbazia la prima jeep americana.
Ma il segreto della Sindone lì nascosta non fu svelato e il Sacro Lino uscì indenne da tutti i rischi.
Fra la documentazione consultata è emerso un fatto singolare: il cardinal Fossati, arcivescovo di Torino, pare non sia stato nemmeno informato della partenza della Sacra Sindone dal capoluogo piemontese il 7 settembre del 1939. Però di ciò nutriamo qualche dubbio… Una ragione plausibile può essere stata la necessità che il cardinale, non sapendolo, non avrebbe potuto parlare neanche sotto tortura. Alla fine della guerra dopo il referendum istituzionale e la proclamazione della Repubblica, il 28 ottobre 1946, come disposto dalla real casa, la Sindone fu riconsegnata al cardinale Fossati che, accompagnato da monsignor Brusa, giunse a Montevergine per riportarla, nella sua cappella in Torino. Egli aveva ottenuto il consenso del re Umberto II, ormai in esilio da qualche mese: un consenso indispensabile essendo la Sindone proprietà di Casa Savoia. In una lettera datata 10 giugno 1946, solo tre giorni prima della partenza per l’esilio, Umberto II scriveva al cardinal Fossati del suo il suo pieno consenso affinchè la preziosa reliquia sacro e inalienabile retaggio di Casa Savoia ritrovasse il suo originale collocamento a Torino, nella cappella che ne reca il nome. Il cardinal Fossati giunse a Montevergine per riportare la Sindone a Torino ma, prima di iniziare il viaggio di ritorno (in auto fino a Roma e in treno da Roma a Torino) autorizzò una straordinaria ostensione della Sacra Sindone per i conventuali nella notte fra il 28 e il 29 ottobre 1946.
E il 29 ottobre 1946 la Sindone lasciò l’ abbazia intatta e riverita da una folla acclamante, a cui il Cardinal Fossati, Arcivescovo di Torino concesse, quasi a titolo di ringraziamento, un'ostensione eccezionale
Al santuario di Montevergine, rimase custodita, precisamente sette anni, un mese e quattro giorni.
In quegli anni tutto era cambiato tranne una cosa: la Sindone era ancora di proprietà di Casa Savoia. Nel messaggio del cardinale Maurilio Fossati, indirizzato ai fedeli e al clero della diocesi di Torino, in occasione del ritorno della Sacra Sindone nella sua storica sede del capoluogo piemontese (la Cappella del Guarini). scrive che fu una saggia azione l’averla allontanata da Torino, perché se anche rispettata dalle bombe, non sarebbe forse stata rispettata dall’invasore che si affrettato durante l’ occupazione a chiederne notizie, ed inoltre fu giusta la scelta di Montevergine invece di Montecassino, visto il destino fatale a cui era andata incontro l’ abbazia. Umberto II morì il 18 marzo 1983 e lasciò la Sacra Sindone in eredità al Papa.
Hitler aveva manifestato più volte esplicitamente l’intenzione di estirpare radicalmente il cristianesimo in Germania con tutte le sue radici e i suoi rami. Ma non è una semplice ostilità a sostenere questo diabolico disegno, vi è piuttosto il proposito usurpatore di sostituirsi alla chiesa cattolica nella missione di redimere l’umanità. Hitler voleva fondare un nuovo ordine. L’obiettivo tramite Himmler, era quello di trasformare le SS in una sorta di casta di sacerdoti segreti. L’occultismo, astrologia, mistica esoterica e alchimia, si intrecciano per dar vita ad una trama fitta di ideali che hanno portato alla creazione di una vera e propria filosofia; ricca di simboli, di poteri occulti e di rituali pagani, che secondo Hitler, avrebbero fatto in modo di perpetuare il Reich e innalzarlo alla gloria eterna. Il regime nazista, la cui mistica di stampo pagano venne tracciata da Heinrich Himmler, voleva appropriarsi a qualsiasi costo di tutti i più noti simboli del potere materiale e spirituale dell’umanità, per concentrare in Germania la loro potenza, non solo simbolica.
E così Hitler e i suoi gerarchi si riunivano in particolari luoghi della Germania destinati a tali culti, dove si svolgevano riti propiziatori che li avrebbero portati alla potenza eterna.
Il valore intrinseco di questa reliquia consiste nel fatto di essere un grande catalizzatore di energie, richiamando a se una miriade di persone perciò tale manufatto non poteva non attrarre Hitler ed i nazisti che lo consideravano un potente talismano.
Luciano Querio