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L'esecuzione di Saigon

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Rincorrendo le parole di McLuhan, sociologo canadese del secolo scorso, possiamo sostenere che la macchina fotografica rappresenti la realtà dei fatti?
La risposta dovrebbe essere negativa.
Per quali motivazioni? Perché il risultato di quella veloce lavorazione, a metà strada tra la tecnica e l’umana genialità, rappresenta un attimo, un istante della vita delle persone riprese. Sottolineare che la fotografia sia veritiera e rappresentativa di un momento, quello dello scatto, significa sostenere tutte le frodi che sono compiute in suo nome.
Questa riflessione, stimolata da McLuhan, è attendibile, secondo lo scrivente, per le fotografie scattate durante i conflitti.
Siamo spinti a domandarci chi siano quelle persone?
Siamo stimolati a confrontarci con la loro vita e sulle cause che hanno determinato quei comportamenti?
Una delle fotografie più famose della storia rappresenta un generale mentre giustizia un prigioniero Việt Cộng a Saigon. La fotografia, divenuta nota con il titolo di “Il Generale Nguyễn Ngọc Loan mentre giustizia un prigioniero Việt Cộng” fu scattata da Edward Thomas, detto Eddie, Adams a Saigon agli inizi del febbraio del 1968. Adams fu a lungo fotografo di guerra, e con i suoi reportage coprì ben tredici conflitti. Fece anche ritratti a politici e personalità del mondo dello spettacolo. Lo scatto di Saigon del 1968 mostra il capo della Polizia Nazionale della Repubblica del Vietnam, Nguyễn Ngọc Loan, giustiziare un ufficiale Viet Cong, Nguyễn Văn Lém, a Saigon durante l'Offensiva del Têt, ovvero il grande attacco a sorpresa sferrato dall’esercito nordvietnamita e dai Viet Cong tra il 30 ed il 31 gennaio del 1968. La fotografia di “Eddie” Adams mostra il momento in cui il proiettile è stato esploso; il Việt Cộng morto, con la bocca contratta in una smorfia ed i capelli ancora mossi dallo sparo, non ha ancora cominciato a cadere. Il fatto fu immortalato anche da un cameraman dell'emittente americana NBC, ma la fotografia di Adams rimane l'immagine del fatto per antonomasia e fece il giro del mondo sulle prime pagine di tutti i giornali.
La vedova di Lém confermò che suo marito era un membro dei Việt Cộng, e che non lo vide più dopo l'inizio dell'offensiva del Têt. Alcuni critici sostengono tuttora che l'azione di Nguyễn Ngọc Loan violò la convenzione di Ginevra per il trattamento dei prigionieri di guerra: i diritti di prigioniero di guerra venivano accordati ai Việt Cộng a condizione di essere catturati durante le operazioni militari; quelli considerati come guerriglieri erano soggetti soltanto alle leggi del governo sudvietnamita, che in ogni caso non prevedevano la morte senza processo per i prigionieri.
Tuttavia il Viet Cong in questione era stato arrestato dopo che aveva tagliato la gola ad un ufficiale sud vietnamita, a sua moglie e a sei dei suoi figli. Il motivo di tale efferato comportamento da parte del Viet Cong è da ricercarsi nel rifiuto dell’ufficiale sud vietnamita di mostrare come utilizzare dei carri armati che erano stati catturati.
In base alla Convenzione di Ginevra del 1949, l'ufficiale Nguyễn Văn Lém violò le leggi di guerra in merito ai prigionieri e non portando con se un'arma e una divisa che stabilisse la sua appartenenza, non poteva essere considerato come prigioniero di guerra, ma semmai come franco tiratore, dove, per le leggi internazionali, il franco tiratore che si macchia di crimini di guerra può essere giustiziato dagli organi competenti.
Quando fu interrogato da Oriana Fallaci, durante la sua degenza in ospedale dovuta ad una ferita alla gamba, sul motivo dell'esecuzione del prigioniero, la risposta fu la seguente:"Non aveva l'uniforme; e io non riesco a rispettare un uomo che spara senza indossar l'uniforme. Perché è troppo comodo: ammazzi e non sei riconosciuto. Un nordvietnamita io lo rispetto perché è vestito da soldato come me, e quindi rischia come me. Ma un viet cong in borghese..."Alla domanda della Fallaci se egli fosse un uomo crudele rispose:"Madame! Io crudele?!? Che dice? Può un uomo che ama le rose essere un uomo crudele? Madame! Se dicesse questo ai miei agenti, l'arresterebbero subito. La crederebbero pazza. Mi ripetono sempre: lei è troppo buono per il mestiere che fa, dovrebbe essere più spietato, più duro. Ma io rispondo: educazione, ragazzi, educazione. In questo mestiere non serve la crudeltà, serve la buona educazione”. La fotografia di Adams vinse il premio Pulitzer nel 1969, benché successivamente il fotografo disse di rammaricarsi dell'effetto che poi ebbe, quando si trasformò in un'icona pacifista:“Brutta luce, brutta composizione: brutta foto. Scattai una volta sola, il ragazzo cadde a terra schizzando sangue dappertutto, mi voltai dall'altra parte. Quell'immagine non racconta tutta la storia. Il generale fuggì negli Stati Uniti: faceva il pizzaiolo vicino New York e la gente andava a insultarlo”. Per quanto riguarda il Generale Loan e la sua famosa fotografia, Eddie Adams in seguito scrisse sul Time: "Il generale uccise il Viet Cong; io uccisi il Generale con la mia macchina fotografica. Le immagini fotografiche sono le armi più potenti del mondo. La gente ci crede, ma le fotografie mentono, anche senza essere manipolate. Sono soltanto mezze verità. Ciò che la fotografia non ha detto era: che cosa avreste fatto voi se foste stati il Generale in quel momento, in quel posto e in quel giorno caldo, ed aveste catturato il cosiddetto cattivo dopo che avesse eliminato, due o tre soldati americani?' come fate a sapere che non avreste tirato il grilletto voi stessi?. Adams, anni più tardi, chiese pubblicamente scusa a Loan ed alla sua famiglia per il disonore che aveva provocato loro. Quando il Generale Loan morì, Adams lo elogiò come eroe di una giusta causa. 
La foto fece comprendere al pubblico americano, più d’ogni altra inchiesta, che il governo sud vietnamita non era un governo democratico, ma una dittatura corrotta e militarista, in cui il valore della vita umana non godeva di alcuna considerazione. 
Accuse che potevano essere legittimamente rivolte anche al Vietnam del Nord, ma proprio quest’indistinguibilità morale, agli occhi dell'opinione pubblica americana, contribuì a rendere la guerra del Vietnam un inutile spreco di vite umane e di denari dei contribuenti.

Fabio Casalini

Bibliografia
Oriana Fallaci, Niente e così sia, Milano, Rizzoli, 1969


Stanley Karnow, Storia della guerra del Vietnam, a cura di Piero Bairati, Supersaggi, Biblioteca Universale Rizzoli, 1989

Frances Fitzgerald, Il lago in fiamme. Storia della guerra in Vietnam, traduzione di Settimio S. Caruso, Saggi 535, Giulio Einaudi Editore, 1972

Quando Adams disse: «La mia foto più famosa? Brutta», corriere.it, 24 dicembre 2009

FABIO CASALINI – fondatore del Blog I Viaggiatori Ignoranti
Nato nel 1971 a Verbania, dove l’aria del Lago Maggiore si mescola con l’impetuoso vento che, rapido, scende dalle Alpi Lepontine. Ha trascorso gli ultimi venti anni con una sola domanda nella mente: da dove veniamo? Spenderà i prossimi a cercare una risposta che sa di non trovare, ma che, n’è certo, lo porterà un po’ più vicino alla verità... sempre che n’esista una. Scava, indaga e scrive per avvicinare quante più persone possibili a quel lembo di terra compreso tra il Passo del Sempione e la vetta del Limidario. È il fondatore del seguitissimo blog I Viaggiatori Ignoranti, innovativo progetto di conoscenza di ritorno della cultura locale. A Novembre del 2015 ha pubblicato il suo primo libro, in collaborazione con Francesco Teruggi, dal titolo Mai Vivi, Mai Morti, per la casa editrice Giuliano Ladolfi. Da marzo del 2015 collabora con il settimanale Eco Risveglio, per il quale propone storie, racconti e resoconti della sua terra d’origine. Ha pubblicato, nel febbraio del 2015, un articolo per la rivista Italia Misteriosa che riguardava le pitture rupestri della Balma dei Cervi in Valle Antigorio.




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