Sono passati 46 anni dal delitto di Simonetta Ferrero. Simonetta si era laureata alla facoltà di Scienze Politiche dell'università Cattolica di Milano nel 1969, con una tesi sul concetto di premio nell’ordinamento costituzionale inglese. Il giorno in cui fu trovata morta, adagiata su un fianco, immersa nel proprio sangue, aveva 26 anni. Era nata a Casale Monferrato nel 1945, da una famiglia borghese di origine piemontese, che da anni risiedeva a Milano. Il padre Francesco era dirigente in Montedison, la madre Liliana, casalinga. Aveva anche due sorelle, Elena biologa ed assistente all'università statale, Elisabetta laureanda in biologia. Tutti insieme vivevano in un grazioso appartamento in via Osoppo. Con l'aiuto del padre, Simonetta era entrata a lavorare in Montedison, alla direzione dell'ufficio del personale della sede di Piazzale Cadorna: selezionava i neolaureati che facevano domanda di assunzione in azienda. Non era ancora fidanzata. Non aveva grilli per la testa. Conduceva una vita tranquilla, fatta di famiglia, studi e lavoro. Per quegli anni, in cui la gioventù era impegnata a dimostrare in piazza, Simonetta era sicuramente diversa. Aveva un aspetto gradevole ma non appariscente, mora con gli occhi verdi, la carnagione chiara. Era nipote di monsignor Carlo Ferrero. Tutti La chiamavano affettuosamente Munny. Quando aveva del tempo libero, lo passava a fare la volontaria presso le Dame di San Vincenzo o alla Croce Rossa. Sabato 24 luglio 1971. A Milano faceva un gran caldo, la città si stava svuotando. Simonetta e i suoi genitori erano pronti per le vacanze. Quell'anno sarebbero partiti per la Corsica. La mattina di quel giorno la ragazza decise di uscire per fare gli ultimi acquisti e alcune commissioni. Cambiò le lire in franchi, passò in una tappezzeria in Corso Vercelli e poi in un negozio di estetica in via Dante.
Comprò un dizionario tascabile di italiano-francese in Corso Magenta. Questo ultimo acquisto fu comprovato dal ritrovamento di una ricevuta. Sopra vi era segnato anche l'orario: 10:37. Via da lì, si era recata in via Carducci in una profumeria. Alcuni testimoni raccontarono di averla vista uscire alle 11:30. Probabilmente fece una deviazione verso l'Università Cattolica, forse per ritirare delle dispense nella libreria dell'Ateneo, come si era ipotizzato in seguito, oppure semplicemente per andare in bagno. Forse doveva incontrarsi con qualcuno. Qualsiasi cose dovesse o volesse fare, da quel momento Simonetta sparì. Non vedendola rientrare a casa per l'orario concordato, le 13:00, i suoi genitori allarmati, dopo alcune ore, denunciarono la sua scomparsa al commissariato della Polizia di Stato di corso Magenta. Lunedì 26 luglio. Un giovane seminarista di 22 anni, originario di Padova, Mario Toso, entrò molto presto all'Università Cattolica, per assistere alla messa delle ore 8:00. Finita la funzione, decise di salire al primo piano percorrendo la scala G, per vedere se vi fossero delle comunicazioni per lui nella bacheca dell'Istituto di scienze religiose. Attraversando il corridoio, si accorse di un rumore incessante di acqua di rubinetto provenire dai bagni delle donne. Pensando che qualcuno lo avesse sbadatamente lasciato aperto, entrò dalla porta per chiuderlo e si trovò davanti a una scena terribile: una giovane donna, completamente sfigurata da un numero imprecisato di ferite, giaceva riversa sul fianco destro in mezzo al proprio sangue e all'acqua. Le tracce ematiche erano ovunque: sulle pareti, sulla porta, sul pavimento. Impronte di dita e di mani insanguinate lasciate probabilmente dalla giovane, in un estremo tentativo di difesa. Un’impronta più grande sulla porta, probabilmente dell’assassino. Il ragazzo scappò, preso dal panico. Inciampò, cadde. Si alzò, si mise a correre. Andò dai custodi di turno e disse loro che qualcosa di brutto era successo nel bagno delle donne al primo piano. Disse che c' era una ragazza che stava male. Uno dei due, Mario Biggi, chiamò i soccorsi prima di andare a vedere, ma quando ritornò il giovane seminarista era già sparito. Come mai questo strano comportamento? Era scappato per la paura o perché era coinvolto nei fatti?
La polizia lo ritrovò due giorni dopo al seminario di Mirabello Monferrato, lo stesso istituto di Salesiani che la ragazza aveva frequentato durante la scuola dell'obbligo.
Poco dopo l'arrivo della polizia sul luogo del delitto, il cadavere steso a terra fu riconosciuto. Si trattava di Simonetta Ferrero, la giovane donna la cui scomparsa era stata denunciata due giorni prima dai genitori.
Era stata uccisa con numerose coltellate. La furia che il suo assassino le aveva riservato era qualcosa che mai prima di allora si era presentato agli occhi degli inquirenti. Era forse un delitto passionale? Oppure a scopo di rapina? O forse ancora qualcuno aveva tentato di violare il corpo di quella ragazza giovane e bella, che aveva resistito alla violenza sessuale pagando con la propria vita?
Molte erano le domande, molti gli indizi. L’inesperienza degli investigatori e i mezzi limitati del tempo non aiutarono a chiudere il caso.
Le indagini furono seguite all'inizio dal commissario Antonino Orlando.
Fra i primi ad essere sospettato ci fu lo stesso Mario Toso. Fu però presto escluso dai fatti: perché avrebbe dovuto tornare sul luogo del delitto? Perché avrebbe dovuto dare lui l'allarme? Come mai non aveva ferite da difesa sul corpo? Sotto le unghie della giovane erano state rinvenute tracce di pelle, probabilmente del suo aggressore. Il ragazzo non presentava su di sé alcun graffio. E poi per quale motivo aveva ucciso proprio Simonetta, che non aveva mai incontrato né conosciuto prima? Era stato forse un omicidio casuale? Un raptus di rabbia e follia?
Si cercarono nuovi indizi, furono interrogate tutte le persone che in quelle ore si trovavano all’università o che l’avevano incontrata. Le ricevute ritrovate nella borsetta della ragazza permisero di ricostruire i suoi spostamenti. Si ripercorse la mattinata di sabato, l'ultima in cui Simonetta era stata vista viva. Una commessa della profumeria in cui si era recata per fare acquisti, aveva dichiarato agli investigatori di aver notato fuori dal negozio una Fiat 500 bianca, proprio davanti alla porta. Non riuscì però a specificare se alla guida ci fosse una donna o un uomo, se quella persona stesse aspettando Simonetta e soprattutto se la giovane, all'uscita, fosse salita a bordo di quell’auto. Ritornando al luogo del delitto, fu rilevato che in quel periodo alcuni muratori stavano facendo dei lavori di ristrutturazione all'interno dell'Ateneo, utilizzando dei rumorosissimi martelli pneumatici. Probabilmente il rumore aveva coperto le urla della giovane, ecco perché nessuno si era accorto di nulla. Non era da escludere, però, neppure l'ipotesi che l'omicidio fosse stato commesso durante l'orario di pausa pranzo, in cui l’università risultava essere praticamente deserta.
La pista della rapina era da escludere senza ombra di dubbio, dato che erano state ritrovate nella sua borsa sia delle lire che dei franchi, appena cambiati. Inoltre Simonetta al dito portava un anello in oro che fu ritrovato al suo posto. Indossava anche altri gioielli di valore, tutti rinvenuti sul cadavere. Rimaneva da vagliare l'ipotesi di una tentata violenza sessuale ai danni della giovane, che fu sconfessata in seguito all’autopsia, eseguita il 28 luglio, dal dottor Falzi e dal dottor Basile, presso l'istituto di medicina legale.
Dall'esame medico non emerse alcun tentativo di violenza sessuale. Si stabilì che la giovane era stata uccisa con trentatré coltellate, inferte da un uomo alto circa 180/185 cm. L'arma utilizzata era un coltello lungo e ben affilato, non ritrovato sulla scena del crimine. Ventisette colpi erano stati particolarmente violenti, entrarono in profondità nel torace e nell'addome, scalfendo organi vitali. Sette furono le coltellate risultate mortali, una alla carotide, recisa nettamente. Numerose furono le ferite rinvenute sulle mani e sulla schiena, evidente segno di un tentativo di difesa da parte di Simonetta.
Il 30 luglio 1971, nella chiesa dei santi martiri Gervaso e Protaso in via Osoppo, celebrati dallo zio Monsignor Carlo Ferrero, si tennero i funerali della giovane uccisa all'interno dell'università Cattolica. La partecipazione della gente fu massiva: volontari della Croce Rossa, delle dame di carità, studenti, amici, colleghi di lavoro. Nessuna autorità. Seguiva il feretro la famiglia attonita, stretta in un abbraccio di dolore. L'efferatezza di questo delitto aveva colpito l'intera città di Milano e l'opinione pubblica.
Le indagini non si fermarono alla ristretta cerchia di conoscenze della ragazza, ma furono ampliate all'intera provincia, grazie ad alcune segnalazioni che arrivano sul tavolo degli inquirenti, in cui si segnalavano altri episodi di violenza o di tentata violenza ai danni di giovani all'interno degli atenei.
Ma anche questa pista fu accantonata.
Gli anni passarono, nel silenzio, fino al 1993 quando l’allora questore Achille Serra ricevette una lettera anonima in cui si accusava un sacerdote veneto, padre spirituale della Cattolica, di aver importunato alcune ragazze proprio nel periodo in cui morì Simonetta. Da quanto riportato, il prelato era stato allontanato dall’ateneo proprio per questo motivo. Veniva anche indicata una ipotetica vittima dell’uomo, che però non denunciò mai il fatto. Ancora una volta la pista non portò a nulla. Per un certo periodo si pensò addirittura ad un serial killer. Fra il 1970 e il 1975 furono commessi undici omicidi al danno di giovani donne. Irrisolti.
Quello di Simonetta, come molti altri, è un omicidio che purtroppo è rimasto irrisolto. Con i mezzi di oggi forse, il suo assassino sarebbe stato consegnato alla giustizia.
Rosella Reali
Bibliografia
Simonetta Ferrero, uccisa nei bagni della Cattolica - Corriere della Sera
Dino Messina, Milano, 1971: Simonetta Ferrero uccisa nei bagni della Cattolica - Corriere della Sera
Paolo Roversi - Milano criminale - Venezia, Marsilio Editori – 2015
Pier Mario Fasanotti, Valeria Gandus - Bang Bang. Gli altri delitti degli anni di piombo - Milano - Tropea - 2004
ROSELLA REALI
Sono nata nel marzo del 1971 a Domodossola, attualmente provincia del VCO. Mi piace viaggiare, adoro la natura e gli animali. L'Ossola è il solo posto che posso chiamare casa. Mi piace cucinare e leggere gialli. Solo solare, sorrido sempre e guardo il mondo con gli occhi curiosi tipici dei bambini. Adoro i vecchi film anni '50 e la bicicletta è parte di me, non me ne separo mai. Da grande aprirò un agriturismo dove coltiverò l'orto e alleverò animali.
Chi mi aiuterà? Ovviamente gli altri viaggiatori.
Questa avventura con i viaggiatori ignoranti? Un viaggio che spero non finisca mai...