“La giovinezza non è un periodo della vita, e uno stato d'animo che consiste in una certa forma della volontà. In una disposizione dell'immaginazione, in una forza emotiva, nel prevalere dell'audacia sulla timidezza, della sete dell'avventura sull'amore per le comodità. Non si invecchia per il semplice fatto di aver vissuto un certo numero di anni, ma solo quando si abbandonano i propri ideali. Se gli anni tracciano i loro solchi sul corpo, le rinunce all'entusiasmo li tracciano sull'anima. Essere giovane significa conservare a sessanta, a settant'anni, l'amore del meraviglioso, lo stupore per le cose sfavillanti e i pensieri luminosi, le sfide intrepide lanciate agli avvenimenti, il desiderio insaziabile del fanciullo per tutto ciò che è nuovo, il senso del lato piacevole e lieto dell'esistenza. Resterete giovani finché il vostro cuore saprà ricevere i messaggi di bellezza, di audacia, di coraggio, di grandezza, di forza che vi giungono dalla terra, da un uomo o dall'infinito. Quando tutte le fibre del vostro cuore saranno spezzate e su di esso si saranno accumulate le nevi del pessimismo e il ghiaccio del cinismo è solo allora che diverrete vecchi.”
Chi pronunciò queste parole si chiamava Albert e nacque da famiglia ebrea nel 1906 in Polonia e più precisamente a nel ghetto di Białystok al tempo sotto l’egida della Russia imperiale governata dagli zar. Poco più che quindicenne emigrò con la famiglia in New Jersey per il sempre più difficile clima che si stava cominciando a creare attorno alla comunità ebraica e nel 1930 venne naturalizzato cittadino statunitense. Grazie all’aiuto di parenti benestanti frequentò con successo la facoltà di odontoiatria nella New York University. La sua vita, e quella di molti bambini di tutto il mondo, cambiò improvvisamente con la lettura di un libro di Paul de Kruif intitolato “I cacciatori di microbi”. Lo scritto del microbiologo lasciò talmente affascinato Albert che da studente modello di odontoiatria cambiò a favore della più complessa facoltà di medicina. Nel 1931 terminò gli studi e divenne l’assistente del Dottor William H. Park il luminare che debellò la difterite. La scelta di studiare un virus che negli anni 30 stava facendo molte vittime avvenne per una serie “fortuita” di combinazioni: l’improvviso manifestarsi di questa malattia a New York e il consiglio del suo maestro dottor Park. Fu così che Albert si dedicò in maniera meticolosa allo studio di questo virus e risultati non si fecero attendere: nel 1933, a meno di 2 anni dall’inizio degli studi, Sabin dimostrò che il virus prediligesse e si moltiplicasse nelle anse intestinali catalogandolo così come “enterico” e non, contrariamente a quanto sino allora creduto, “respiratorio”.
Nonostante questo primo grande passo purtroppo questo morbo, che gli americani soprannominavano “the clipper” (lo storpiatore), come una lotteria senza apparenti regole, continuava a mietere giovani vittime soprattutto nel periodo estivo quando i bambini avrebbero dovuto correre felici nei prati e riposarsi dopo le fatiche scolastiche. Anche gli adulti non furono risparmiati tra i più celebri ricordiamo il futuro presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt. Stiamo parlando della poliomielite: nel 1934 furono annunciati un paio di possibili rimedi antipolio in concorrenza con gli studi di Sabin che purtroppo furono un parziale insuccesso. Era una battaglia contro il tempo ma anche contro la legge perchè improvvisamente le ricerche furono dichiarate sospese dallo stato, ma Sabin non si scoraggiò e segretamente continuò le sue ricerche. Nel 1954 venne varata un’iniziativa di vaccinazione di massa per quasi mezzo milioni di bambini per verificare la validità di un nuovo vaccino messo a punto dal Dott. Salk, purtroppo anche questo senza il meritato successo. Anche la tenacia del presidente Roosvelt contribuì a mantenere puntati i riflettori sulla malattia grazie a Warm Springs, una località termale in Georgia le cui acque sembra siano state l’unica fonte di giovamento per il futuro presidente. Da lì nacque la fondazione no profit (la Warms Springs Foundation) che divenne poi la National Foundation for Infantile Paralysis che raccolse molti milioni di dollari devoluti per le ricerche atte a debellare questo morbo. Molte celebrità dello spettacolo aderirono a questa iniziativa facendosi portavoce e donatori di nuovi fondi per la causa.
L’opera caritatevole legata alla fondazione prese il nome di “march of dimes” la marcia delle monetine da 10 centesimi di dollaro che gli americani erano invitati a versare il giorno del compleanno del presidente Roosvelt. Nel 1953 Albert Sabin, che rispettò sempre i meriti scientifici del suo “rivale” Dott. Salk, presentò in patria gli incoraggianti risultati condotti sugli animali, ma non venne creduto. L’Europa dell’est diede invece credito alle scoperte di Sabin vaccinando agli inizi degli anni 60 alcune centinaia di migliaia di bambini con il risultato che non si verificarono ulteriori casi di poliomielite tanto che vennero prodotti ingenti quantitativi di vaccino a copertura di tutte e 3 i ceppi del virus. Finalmente anche in USA, seppur con ritardo, si adottò il metodo salvando la vita a molti bambini. Qualche anno più tardi il vaccino del Dott. Salk fu migliorato e giudicato altrettanto efficace ma più sicuro di quello di Sabin e venne definitivamente adottato come profilassi anti poliomielite. Molto spesso ignoranza e diffidenza dei genitori impedirono a molti bambini di scampare a questo morbo lasciandoli segnati per tutta la vita. Emblematico in Italia è il caso di Rosanna Benzi che, quattordicenne, portò il proprio fratellino a vaccinarsi contro il parere dei genitori e del piccolo paesino dell’alessandrino nel quale viveva. Il fratello si salvò mentre lei pochi mesi dopo venne colpita dal morbo che la costrinse nei successivi 29 anni della sua vita in un polmone di acciaio da dove si spese attivamente, nonostante la malattia, facendosi promotrice di fondamentali campagne di sensibilizzazione dei temi dell'handicap e dell'emarginazione sociale. Rosanna si spense all’ospedale di Genova nel 91 all’età di 43 anni. A lei si devono tra l’altro la battaglia contro le barriere architettoniche e la riduzione dell’ IVA su sedie a rotelle e presidi ortopedici.
Questa è la storia del medico Albert Sabin e della zolletta di zucchero con la quale somministrò il vaccino a milioni di bambini e che a un certo punto dichiarò: "Tanti insistevano che brevettassi il vaccino, ma non ho voluto. E' il mio regalo a tutti i bambini del mondo". Questo significa che non trasse alcun vantaggio economico dalla sua invenzione affinché un prezzo più contenuto facilitasse la più ampia diffusione possibile. Non fu mai insignito del premio Nobel per le sue scoperte ma ricevette numerose lauree “honoris causa” dalle università di tutto il mondo. Ritiratosi ufficialmente dalle scene delle attività di ricerca continuò comunque attivamente a spendersi per trovare dei rimedi contro il morbillo, il tumore e la leucemia. Sabin morì nel 1993 nella quasi totale indifferenza lasciandoci, oltre al vaccino, insegnamenti di solidarietà dove il bene superiore prevale su qualsiasi interesse.
Fabio Casalini mi ricorda spesso che è importante non dimenticare allora ho pensato che Albert Sabin meritasse uno scritto a ricordo della sua storia e del suo cuore che ci ha trasmesso “messaggi di bellezza, di audacia, di coraggio, di grandezza, di forza” a noi e alle generazioni a venire.
Marco Boldini
MARCO BOLDINI
Nato nel 1969 sposato, 3 figli e il gatto Balthazar, 47 anni ma in realtà ventisettenne con vent’anni di esperienza, cittadino del mondo e milanese di nascita ma miazzinese e, più recentemente, tainese di adozione. Volubile e curioso cerco quando posso di fuggire dalla noia e dalla routine, ho potenzialmente sempre la valigia aperta, pronto a passare da un aeroporto all'altro, a conoscere lingue, persone, culture e paesi diversi che ritraggo in maniera dilettantistica con la macchina fotografica. Amo in uguale maniera la montagna, che ti parla con i suoi silenzi e ti regala indimenticabili albe e romantici tramonti; da qui forse l’interesse per questo blog.