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Adelasia, regina bella e triste

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Se qualche cavaliere vi appariva, il cuore di lei palpitava come quello di una fanciulla al suo primo convegno di amore. Ma il cavaliere era spesso un paesano che viaggiava sul suo ronzino, o un armigero in perlustrazione.
Grazia Deledda, Il sigillo d’amore

Il contesto storico
Vi era un tempo in cui l’isola di Sardegna vantava una particolare forma di governo: il giudicato. Cos’era un giudicato? Si tratta di un’entità statuale autonoma provvista di un’organizzazione amministrativa prossima alle esperienze tipiche dei territori dell'Impero bizantino, con istituti giuridici romano-bizantini. Era uno stato sovrano dotato di summa potestas(poteva stipulare trattati internazionali) a capo del quale c’era lo judike(in italiano, giudice). I giudicati mostravano inoltre certi tratti di modernità rispetto coevi regni europei di tradizione barbarico-feudale, poiché erano stati non patrimoniali (non di proprietà del sovrano) ma superindividuali, cioè del popolo. Il popolo esercitava la sovranità con forme semi-democratiche, come le Coronas de curatorias, le quali a loro volta eleggevano i propri rappresentanti al massimo consiglio chiamato Corona de LoguIl distacco di Bisanzio dalla Sardegna e la necessità per i sardi di organizzare una difesa propria contro il pericolo arabo, furono probabilmente alla base della nascita dei giudicati. Verso la fine dell'VIII secolo, Bisanzio abbandonò progressivamente l'isola e i poteri dei due magistrati bizantini governanti furono concentrati nelle mani di un'unica autorità che, a sua volta, delegò il potere a quattro magistrati risiedenti in diverse parti del territorio dell’isola. La Sardegna fu divisa in zone che guadagnarono un’autonomia sempre maggiore rispetto al potere centrale bizantino e si diedero istituzioni amministrative e politiche proprie: nacquero così i quattro Giudicati di Cagliari, Torres, Arborea, e Gallura. La figura del giudice era simile a quella di un sovrano europeo dell’alto Medioevo: era chiamato re dai suoi sudditi e la sua attività era rennare(regnare). Il giudice viveva con la famiglia in una reggia, in cui amministrava lo stato e si occupava della giustizia, ed era protetto da una guardia armata. L'autorità del Giudice si fondava sul principio di successione, che includeva anche le donne.
Il ruolo di Pisa e Genova
Nel frattempo, Pisa e Genova, che avevano appoggiato i giudici sardi per l’allontanamento degli arabi, si sentirono autorizzate a chiedere loro concessioni di vario genere. Ebbe così inizio una progressiva infiltrazione pisano-genovese nell'isola. Questa presenza fu rafforzata dall'arrivo di molti esponenti delle famiglie nobiliari di Pisa e di Genova: i Visconti a Cagliari, i Malaspina a Bosa, il conte Ugolino di Pisa a Villa di Chiesa (Iglesias).
L'insediamento di questi nobili coincise con l'arrivo di mercanti e uomini d'affari, che contribuirono allo sviluppo del commercio in tutta la Sardegna. Il processo di insediamento nobiliare non avvenne in modo pacifico: tra le due repubbliche marinare si crearono forti rivalità che coinvolsero anche le dinastie dei quattro Giudici. Ed è in questo contesto che si inserisce la storia di Adelasia.
Adelasia, vita da regina
Lo scrittore ottocentesco Enrico Costa, nel suo scritto Guida racconto. Da Sassari a Cagliari e viceversa(1882) parla di Adelasia in questi termini: «Una bella e giovane regina, che si rese celebre per le sue sventure». Ma vediamo insieme chi era Adelasia. Adelasia de Lacon Gunale nacque intorno al 1207 ad Ardara, cittadina ora in provincia di Sassari, da Mariano II de Lacon Gunale e da Agnese de Lacon Massa, figlia del giudice di Cagliari. Dalla loro unione, oltre ad Adelasia, nacquero Benedetta (1205), Barisone (1221) e Preziosa.
Intermediaria per la pace tra Logudoro e Gallura
Il padre Mariano attuò una politica di equilibrio tra Pisa, Genova e il Papato. Tuttavia, a seguito della pressione militare esercitata dai fratelli Ubaldo I e Lamberto Visconti (giudice di Gallura) sul giudicato di Cagliari, retto dalla cognata di Mariano Benedetta di Massa, si decise di aprire le ostilità nei confronti dei pisani, venendone sconfitto. A quel punto, i Visconti, minacciando di invadere direttamente il giudicato di Torres, costrinsero Mariano II a scendere a patti con loro. Così, il giudice di Torres diede la propria figlia Adelasia, ancora adolescente, in moglie al figlio di Lamberto, Ubaldo II. Si dice che Adelasia, nonostante fosse servita da “pedina” per il padre, acconsentì di buon grado a questo matrimonio. Scrive in proposito Mauro Sanna:
Il suo matrimonio con Ubaldo Visconti non era dovuto ad un amore romantico, concetto,questo, tutto moderno, o addirittura contemporaneo. Però i due regnanti si sostenevano l’un l’altro, e se Ubaldo non avrebbe mai potuto regnare su Torres senza il suo legame con Adelasia,è altrettanto vero che ella aveva bisogno di un marito capace per reggersi sul trono. Fu perciò un duro colpo per lei la morte di Ubaldo nel 1238.
Le nozze, celebrate nella basilica della Santissima Trinità di Saccargia di Codrongianos, misero in allarme papa Onorio III, preoccupato della crescente influenza dei Visconti sugli affari sardi, a discapito di Roma. Così, inviò un legato pontificio con la missione di impedire il matrimonio o di annullarlo. Ma il tentativo papale non ebbe successo e i Visconti, per nulla intimoriti dall’autorità del papa, si ritrovarono in una posizione di estremo vantaggio nella lotta per il predominio sull’isola. Intanto, nel 1225, alla morte del padre Lamberto, Ubaldo divenne Giudice di Gallura. Nel 1232, il giudice Mariano II morì e salì al trono il fratello minore di Adelasia, Barisone III, che governò sotto la tutela dello zio Ithocorre, che però praticò una politica tirannica e vessatoria, tanto da suscitare tumulti (nei Giudicati era contemplato il diritto al tirannicidio), che i Visconti cavalcarono abilmente. Il giovane Barisone III venne trucidato nel 1236 e il giudicato, secondo le disposizioni paterne, venne ereditato da Adelasia che, in questo modo, insieme al marito, si trovò a regnare su circa la metà dell’isola.
Papa Gregorio IX inviò il suo Legato Alessandro con la missione di ottenere formale atto di vassallaggio da parte dei due regali coniugi. Adelasia e Ubaldo questa volta, forti della stabilità di potere raggiunta e desiderosi di ricucire il rapporto con la Santa Sede, acconsentirono e riconobbero la signoria del papa sul giudicato di Logudoro, mentre per la Gallura Ubaldo si disse già impegnato con la Repubblica di Pisa.
La svolta nella vita di Adelasia
Ma la stabilità (e pare, con essa, anche la serenità di Adelasia) ebbe vita breve: nel 1238, improvvisamente, Ubaldo morì e gli succedette, secondo le sue disposizioni, il cugino Giovanni. Il papa approfittò della situazione per allargare la sua influenza, interessando della questione il giudice d’Arborea Pietro II e proponendo il devoto e fedele Guelfo dei Porcari come nuovo sposo per Adelasia. Nel frattempo, le famiglie Visconti e Doria tramarono, ognuno per suo conto, per scongiurare una tale eventualità, che avrebbe determinato un rovesciamento dei rapporti di forza a favore del papato. I Doria, in particolare, coinvolsero nella questione l’imperatore Federico II di Hoenstaufen, convincendolo a proporre come sposo ad Adelasia il suo figlio naturale, il diciottenne Enzo, nonostante la gran differenza d’età. Adelasia, che era vedova da meno di un anno, accettò e i due si sposarono nella chiesa di Santa Maria del Regno di Ardara. Federico II creò ad hoc un Regno di Sardegna e lo infeudò a figlio e nuora.
La infirmidadedi Adelasia
Ma l’irrequieto Enzo non sopportò per molto l’austera vita di corte e la compagnia di Adelasia, ormai in età avanzata per quei tempi. Così, dopo pochi mesi dal matrimonio, raccolse immediatamente la chiamata del padre per una campagna militare nella penisola e lasciò la Sardegna per non più farvi ritorno, pur continuando a fregiarsi del titolo di Re. Nominò vicario del giudicato il possidente sassarese Michele Zanche. Zanche, però, sfruttando per i propri interessi il potere conferitogli, si arricchì notevolmente, facendosi pagare i favori che elargiva a molti sudditi (come liberare i detenuti). Tuttavia era già da tempo avvezzo alle malefatte, poiché, già nel 1236, Zanche fece parte del complotto per assassinare a Sassari il giovane giudice Barisone III di Torres, fratello di Adelasia. Persino Dante l’ha ricordato nel canto XXII dell’inferno, tra i barattieri:
Usa con esso donno Michel Zanche

di Logodoro; e a dir di Sardigna
le lingue lor non si sentono stanche.
Nei versi di Dante, “esso” indica frate Gomita, che resse il regno di Gallura.
Adelasia, abbandonata da Enzo, lasciò il palazzo di Ardara e si rinchiuse nel Castello di Burgos, sperando di ottenere la revoca della scomunica, cosa che ottenne nel 1245, al pari dell’annullamento del matrimonio. Gli anni della voluta reclusione nel castello di Burgos si confondono con la leggenda. Pare che Adelasia, distrutta per l’abbandono, soffrisse di «una infirmidadequi si creiat de morrer» (una malattia che credeva l’avrebbe fatta morire; così narra il Libellus Iudicum Turritanorum). Sono numerosi gli scrittori che vollero colmare il vuoto di documenti. Prima fra tutti fu Grazia Deledda, che le dedicò il sentito racconto Il sigillo d’amore, dove ritroviamo passi che ben esprimono l’umore nostalgico della regina:
Nella nuova dimora ella scelse, per abitarvi, le camere più alte, e fin dal primo giorno s’affacciò alla finestra dalla quale meglio si dominava la strada che dal castello scendeva alle terre del Goceano e si perdeva attraverso le valli del Logudoro.
La strada, che ai piedi del colle roccioso di Burgos si restringeva quasi in un sentiero, arrampicandosi fra le pietre e i cespugli fino allo spiazzo del castello, era quasi sempre deserta: gli occhi tristi della Regina non cessavano tuttavia di fissarne le lontananze, e se qualche cavaliere vi appariva, il cuore di lei palpitava come quello di una fanciulla al suo primo convegno di amore. Ma il cavaliere era spesso un paesano che viaggiava sul suo ronzino, o un armigero in perlustrazione.
Anche di notte, nelle chiare notti solitarie, ella si affacciava alla finestra; poi, sola nel suo grande letto vedovile, vedeva ancora la strada che ormai le pareva appartenesse alla sua stessa persona, come le vene delle sue braccia, come la treccia che le scendeva fino al cuore; la vedeva anche nel sonno, come si partisse dai suoi occhi e scendesse al mare, e attraversasse il mare, strada di desiderio e di vana speranza, fino a raggiungere il giovine sposo. E quando al mattino i lentischi e i macigni del sentiero brillavano di rugiada, a lei pareva di averli bagnati con le sue lagrime…
Il ritiro di Adelasia lasciò il regno in balia dei vicari giudicali che lo smembrarono e se lo spartirono. La regina di Sardegna finì i suoi giorni nella più completa miseria. Adelasia morì nel 1259, poco più che cinquantenne; nel suo testamento indicò come erede la Santa Sede, ma ormai il suo patrimonio era stato completamente dilapidato e il Giudicato di Torres fu spartito tra i Doria, i Malaspina e gli Spinola. Le sue spoglie si trovano probabilmente ai piedi dell’altare maggiore della chiesa di Santa Maria del Regno di Ardara.

Claudia Migliari

Bibliografia essenziale
Costa, Enrico

s.a., Adelasia di Torres. Note critiche e divagazioni fra storie, cronache e leggende del secolo XIII, Mulas Editore s.l.


Costa, Enrico

1995, Da Sassari a Cagliari e viceversa. Guida-racconto (1902), Edizioni della Torre, s.l.


Deledda, Grazia

1926, Il sigillo d’amore


Floris, Francesco

1999, Storia della Sardegna, Newton & Compton, Roma


Meloni, Giuseppe - Simbula, Pinuccia Franca, a cura di

2004, Da Olbìa ad Olbia: 2500 anni di storia di una città mediterranea: atti del Convegno internazionale di studi, 12-14 maggio 1994, EDES Editrice Democratica Sarda, Sassari


Rapetti, Mariangela

2015, All'origine dell'infirmidadedi Adelasia di Torres, tra fonti archivistiche e fonti letterarie, Rivista del Dipartimento di Storia, Beni Culturali e Territorio, dell’Università di Cagliari

Tutte le fotografie sono estratte da wikipedia



CLAUDIA MIGLIARI
La storia di Claudia inizia in un giorno di fine aprile del 1980. Il luogo dove è nata e cresciuta, il lago di Lugano, terra di confine e di contrasti, dove l'asprezza e il rigore delle montagne cedono il passo alla dolcezza mediterranea dei laghi, forma il suo carattere poliedrico. Da sempre appassionata di tutto ciò che la può portare in epoche lontane, si butta a capofitto sul disegno, sulla musica, sulla storia. Nel 1999 inizia la sua avventura come guida turistica presso una villa rinascimentale, dove ancora collabora. L'attività la coinvolge tanto, che nel 2005 consegue la certificazione ufficiale di guida turistica. Nel frattempo, conclude i suoi studi di lingue (e, naturalmente, storia delle lingue) e inizia a lavorare come traduttore, sua attuale professione. Ha al suo attivo la traduzione di quasi un centinaio di libri sugli argomenti più disparati, dalle fiabe e dalla narrativa per ragazzi, fino a libri di scultura su pietra e su legno e sulla storia della smaltatura dei metalli. Da marzo 2015, Claudia è segretario della Pro Loco del suo paese, Bisuschio, e continua le sue attività artistiche, prosegue con lo studio del canto lirico e... è sempre in giro per chiese o luoghi storici, purché siano antecedenti all'Ottocento! Per concludere, Claudia ha una fluente chioma ribelle e rossa, vive sola con un gatto nero, ha la casa piena di libri e ama studiare e conoscere i principi curativi delle erbe. Che cosa avrebbe pensato di lei un inquisitore?

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