Il 20 novembre 1975 morì a Madrid Francisco Paulino Hermenegildo Franco y Bahamonde, meglio conosciuto come Francisco Franco o Generalísimo Franco o Caudillo de España. Prima generale e politico, poi dittatore della Spagna, Francisco Franco guidò saldamente il suo paese dalla vittoria della guerra civile spagnola, del 1939, al giorno della sua morte nel 1975.
Fu un dittatore diverso dagli altri del suo tempo, nazionalista e anticomunista, come tutti, ma anche rigidamente conservatore in ambito religioso e con un disegno del tutto personale per la sua nazione. Il suo motto era “Dio, Patria e Giustizia”. Salito al potere dopo tre anni di guerra civile, grazie al sostegno della Germania nazista di Hitler e dell’Italia fascista di Mussolini, non abbracciò mai le idee antisemite dei suoi sostenitori, continuando il proprio cammino in modo diverso, reprimendo con grande decisione ogni tipo di opposizione al regime. Sul fronte internazionale, nonostante le pressioni, mantenne la Spagna neutrale, limitandosi ad inviare un corpo di volontari contro l’Unione Sovietica.
Fu un dittatore diverso dagli altri del suo tempo, nazionalista e anticomunista, come tutti, ma anche rigidamente conservatore in ambito religioso e con un disegno del tutto personale per la sua nazione. Il suo motto era “Dio, Patria e Giustizia”. Salito al potere dopo tre anni di guerra civile, grazie al sostegno della Germania nazista di Hitler e dell’Italia fascista di Mussolini, non abbracciò mai le idee antisemite dei suoi sostenitori, continuando il proprio cammino in modo diverso, reprimendo con grande decisione ogni tipo di opposizione al regime. Sul fronte internazionale, nonostante le pressioni, mantenne la Spagna neutrale, limitandosi ad inviare un corpo di volontari contro l’Unione Sovietica.
Finito il conflitto mondiale, rimase al suo posto, accostandosi sempre più alla politica anticomunista e anti anarchica del dopoguerra. Nel 1947 restaurò la monarchia, di cui si autoproclamò reggente, nominando Juan Carlos di Borbonesuo successore.
Il suo fervore religioso gli valse la massima onorificenza vaticana da parte di Pio XII nel 1953, che lo insignì dell’Ordine supremo del Cristo.
Lo stesso anno concluse un accordo economico con gli Stati Uniti, che fu la base per rilanciare le sorti economiche del paese, la cui amministrazione fu affidata a uomini da lui direttamente scelti, come Luis Carrero Blanco, proveniente dall’ Asociación Católica Nacional de Propagandistas, e Mariano Navarro Rubio, dell’Opus Dei.
Questo è il quadro generale in cui si inserisce la nostra storia, in cui i protagonisti sono, oltre al generale Franco, donne a cui hanno sottratto i figli alla nascita, religiosi e medici consenzienti. Una rete complessa di abusi, legalizzata dalla complicità dello stato, impegnato nella lotta contro i rojos, cioèdirepubblicani, anarchici, oppositori al regime e migliaia di donne attiviste o semplicemente legate affettivamente o famigliarmente agli oppositori.
Questa è la storia dei los niños robados del franquismo, dei bambini rubati di Spagna.
Il 27 gennaio del 2014 si svolse a Madrid un corteo silenzioso e composto, organizzato dalle associazioni dei familiari dei bambini rubati. Tre anni prima, lo stesso giorno, era stata presentata una denuncia collettiva alle autorità, 261 casi, che raggruppava una parte dei genitori naturali a cui erano stati sottratti i figli durante il regime franchista. Venne portata alla luce una rete organizzata che, secondo le stime, riuscì a “vendere” circa 300.000 bambini, i primi proprio durante la guerra civile spagnola, con lo scopo di “salvare i nuovi nati dal virus che aveva colpito i genitori, colpevoli di opporsi al regime”. Dal 1939 questa invisibile attività di compravendita si svolse senza interruzioni, fino a quando venne varata una legge con regole rigorose per l’adozione di minori. L’anno di cui parliamo è il 1987. 50 anni dopo.
Una inchiesta della BBC concentrò improvvisamente l’attenzione dell’opinione pubblica su questo immenso traffico. Un giornalista raccolse la rivelazione fatta in punto di morte dal padre di Jean Luis Moreno, un uomo come tanti, che confessò al figlio di averlo comprato da un sacerdote a Saragozza, Quel giorno si innescò un effetto domino. Secondo l’indagine che partì, al centro del traffico ci sarebbero stati alcuni preti e medici, dipendenti di strutture ospedaliere conosciute. Subito dopo il parto i bambini venivano prelevati e consegnati nelle mani di altri genitori, disposti a sborsare ingenti cifre. Alla famiglia di origine veniva detto che il bimbo era nato morto oppure era deceduto subito dopo il parto.
Il traffico iniziò con lo scopo di togliere i figli alle famiglie “sgradite”, cioè contrarie al regime, con la scusante ideologica, un po’ come successe in Argentina successivamente per i desaparecidos. Col tempo si venne a creare un vero e proprio mercato. Dopo mesi di indagini e richieste della BBC, il governo spagnolo, nella persona del funzionario ministeriale Angel Nunez, ammise l’esistenza di questo traffico, ma non fornì mai dati ufficiali, con la scusa di mantenere la privacy delle persone coinvolte.
Cerchiamo di capire nel dettaglio come era organizzato lo scambio. Durante il regime franchista i servizi all’interno di ospedali e scuole erano forniti da religiosi cattolici, suore e sacerdoti, impegnati nella gestione di istituti che accoglievano bisognosi di ogni genere, comprese le persone indicate dal regime come indesiderate.
Tra i medici coinvolti, emerse il nome del dottor Eduardo Vela, uomo di grande fama, tenuto in ottima considerazione dall’opinione pubblica del paese. A quanto risultava dalla documentazione consultata, nella clinica del dottor Vela a Madrid, la San Ramón de Madrid, o come veniva definita l’industria dei bebè, il 70% dei bambini nati fino al 1981, sarebbe venuto alla luce da “madre sconosciuta”. Una percentuale alquanto sospetta, ma nessuno aprì mai un ‘indagine.
Le partorienti prese in esame erano donne giovani, sole, non sposate, detenute per i motivi più disparati oppure ragazze minorenni, che non avevano la forza o la voglia di opporsi. Il parto avveniva sempre nelle stesse strutture: in seguito a complicazioni inaspettate, il bambino veniva dichiarato nato morto o morto subito dopo aver visto la luce. Alla mamma spesso non era concessa la possibilità di vedere il corpo del piccolo appena deceduto o di partecipare alla cerimonia di sepoltura. Chi aveva la possibilità di farlo, ha manifestato in alcuni casi il dubbio che il bimbo fosse il suo.
In realtà i bambini passavano nelle mani di coppie senza figli, devoti e benestanti, considerati genitori più appropriati dal regime.
I documenti di nascita venivano modificati indicando come genitori naturali i genitori adottivi. Non si ha certezza che tutte le coppie sapessero che gli veniva affidato un bambino “rubato”, alcuni ritenevano la donazione come un contributo per aiutare l’operato dei religiosi e della struttura ospedaliera. La cifra pagata era considerevole, arrivava fino a 200.00 pesetas, un vero tesoretto per quei tempi. Alcune famiglie, sempre secondo le testimonianze, arrivarono a pagare a rate il denaro dovuto.
Le neo mamme nel frattempo avevano inscenato una finta gravidanza agli occhi del mondo, su consiglio del medico o dei religiosi, in modo da non destare sospetti.
Dopo la morte del generalissimo nel 1975, l’apparato religioso continuò a mantenere una posizione di predominanza rispetto alla vita pubblica e sociale del paese. Il sistema messo in piedi non si interruppe, ma continuò prosperando fino al 1987, arricchendo medici e religiosi. Dopo lo scoppio dello scandalo, alcune tombe di bambini dichiarati deceduti furono aperte per verificarne il contenuto: a volte le ossa ritrovate appartenevano ad adulti, a volte ad animali, a volte le bare contenevano solo polvere.
Sono centinaia le famiglie di bambini scomparsi negli ospedali spagnoli a chiedere chiarezza e che venga aperta un’inchiesta ufficiale. Nonostante questo, a causa delle leggi d’amnistia approvate nel 1977 dopo la morte di Franco, i crimini avvenuti durante il franchismo non sono stati presi in considerazione: i delitti del regime venivano ufficialmente perdonati dalla nuova Spagna. È solo grazie all’iniziativa di procuratori regionali in tutto il paese, che stanno esaminando ogni segnalazione, caso per caso, quasi mille in totale, che la questione non è ancora chiusa o dimenticata. L’interesse del governo a fare giustizia resta poco, la reticenza è molta, forse a causa del coinvolgimento di personaggi insospettabili, considerati come benefattori della società. Madri e figli divisi alla nascita. Un atto di violenza inaudito. Nessuno potrà colmare quel vuoto, quegli anni passati nella menzogna, nel dubbio di non aver fatto abbastanza. La vita di molti innocenti è stata arbitrariamente cambiata in nome di un ideale distorto, sbandierato all'ombra della croce. I colpevoli resteranno impuniti.
Rosella Reali
Bibliografia
Corriere della Sera, inserto Io donna, 21 febbraio 2014
Daily Mail, Cieli paralleli, 16 ottobre 2011
La Stampa, 19 ottobre 2011
La Repubblica, 23 dicembre 2010
ROSELLA REALI
Sono nata nel marzo del 1971 a Domodossola, attualmente provincia del VCO. Mi piace viaggiare, adoro la natura e gli animali. L'Ossola è il solo posto che posso chiamare casa. Mi piace cucinare e leggere gialli. Solo solare, sorrido sempre e guardo il mondo con gli occhi curiosi tipici dei bambini. Adoro i vecchi film anni '50 e la bicicletta è parte di me, non me ne separo mai. Da grande aprirò un agriturismo dove coltiverò l'orto e alleverò animali.
Chi mi aiuterà? Ovviamente gli altri viaggiatori.
Questa avventura con i viaggiatori ignoranti? Un viaggio che spero non finisca mai...