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Lo scrigno prezioso di Sant'Ugo a Montegranaro

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L’italia è piena di gioielli seminascosti. E’ banale dirlo ma è vero, e alcuni di questi sono senza dubbio poco conosciuti rispetto al loro valore e alla bellezza di cui sono portatori.
Uno di questi ho avuto la fortuna di visitarlo con tutta la calma e l’attenzione necessarie, grazie alla cortesia e alla competenza di Luca Craia, un amico della Associazione Arkeo che ne garantisce la tutela e ne permette le visite gratuite con l’impegno dei suoi volontari, fra le mille difficoltà che vengono frapposte da amministrazioni locali e centrali spesso poco disponibili e ancor meno lungimiranti.
Il gioiello di cui vi parlo è la chiesa di S.Ugo, detta anche impropriamente cripta o criptoportico, nel piccolo paesino di Montegranaro, nelle Marche (siamo nel Fermano, molto vicini a Recanati e alla patria del nostro più grande poeta, in una zona piena di bellezze che vanno dall’epoca romana a quella medievale fino a ben oltre il Rinascimento).
Si tratta di un edificio che risale originariamente ai primi insediamenti cristiani della zona, intorno al 900. Agli esordi rappresentava una piccola chiesa isolata fuori dalle mura del villaggio, poi collegata tramite una piccola galleria ad una chiesa più grande costruitale a fianco, e infine inglobata, nel 1700, nella attuale chiesa dei SS. Filippo e Giacomo.
Proprio a questi santi era originariamente intitolata, finché poi non venne definitivamente “assegnata” a Sant’Ugo da Serra San Quirico, un monaco che a Montegranaro pare risiedette esercitando la sua attività spirituale e non disdegnando qualche miracolo.
La piccola chiesa ha una struttura semplice e archetipica, una navata unica, stretta e lunga, con una volta a botte che la sovrasta per tutta la lunghezza. Lunghezza che, tanto per dare anche qualche dato tecnico, è di 26,40 metri per una larghezza di soli 3,40 metri e una altezza che non supera mai i 4,40 metri.
Quello che però nasconde in questo spazio quasi rudimentale è un’autentica sequenza di meraviglie. Lungo le pareti, sui soffitti e per tutto l’abside è ricoperta da un ciclo di magnifici affreschi che partono dal 1200 per arrivare a superare il 1500. Praticamente un compendio di storia dell’arte e in particolare della pittura sacra concentrato in pochi e sfavillanti metri quadri.
Per la precisione, gli affreschi sono divisibili in tre cicli distinti: uno databile con esattezza al 1299, il secondo posizionabile intorno al 1300 e il terzo ed ultimo in pieno 1500.
Sono affreschi non comuni e di valore artistico notevole. In particolare il primo, attribuito ad un anonimo “maestro di Montegranaro”, è un vero capolavoro, e sebbene alcune parti siano notevolmente danneggiate, dalle restanti ancora in buono stato emergono in più punti particolari di grande finezza e di notevole raffinatezza pittorica.
I temi trattati sono vari, da avvenimenti specifici della storia dei Santi celebrati nel luogo a rappresentazioni simboliche di rara forza, come ad esempio una maestosa crocefissione dove al posto la croce c’è uno sfavillante albero della vita, dando vita ad scena originalissima e altamente allegorica.
Nel ciclo successivo si riconoscono i tratti dell’arte ormai influenzata dall’iconografia bizantina, e nel cielo stellato e in altri particolari (ad esempio nella scena del battesimo di Gesù) si riconoscono i richiami dei più famosi cieli musivi dei capolavori di Ravenna.
Altro particolare notevole, nella scena della natività, i cammelli che accompagnano i Re Magi, evidentemente riprodotti in base a racconti di terze parti ma quasi certamente mai visti dal vivo dagli artisti che realizzarono gli affreschi, vista la loro bizzarra raffigurazione.
Gli affreschi sono talmente zeppi di particolari e di richiami storici ed artistici che nessun articolo riuscirebbe ad esaurirne anche in minima parte la descrizione. Anche per questo è particolarmente consigliabile andare a rendere omaggio a questo piccolo gioiello, perché oltre all’ovvia necessità di vedere sempre le cose dal vivo, la visita guidata offerta dall’associazione che gestisce la chiesa è una vera miniera di informazioni e di indicazioni che anche ad un visitatore attento sfuggirebbero.
Per me posso dire di aver potuto godere, oltre che della simpatia e competenza del mio anfitrione, della particolarità quasi unica di visitare questo luogo magico una sera d’inverno, nel silenzio quasi irreale delle colline marchigiane e senza nient’altro a riempire la “cripta” che le nostre rispettose presenze e l’esuberanza dei capolavori che la riempiono.
So per certo che comunque in qualunque condizioni la si vada a visitare, la visione vale il viaggio e lascia nell’amante dell’arte e della storia un ricordo limpido, ricco e pieno di curiosità per le tante meraviglie che il nostro paese ancora conserva e a volte, colpevolmente, nasconde.

[In chiusura, ancora un grazie a Luca Craia e ad Arkeo Montegranaro per la visita e per l’occasione avuta di effettuare gli scatti che corredano questo articolo. Per chi volesse chiamare per la visita il numero dell’associazione è 342.5324172]

Alessandro Borgogno

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