Londra 1896, un pescatore vede affiorare un sacco dalle acque del Tamigi. Lo prende senza immaginare cosa possa celarsi all’interno. Con curiosità lo apre scoprendo il contenuto del triste ritrovamento: il cadavere di una bambina in evidente stato di putrefazione.
Sconvolto si dirige verso la più vicina stazione delle forze dell’ordine. Gli ispettori notano, quasi immediatamente, due particolari che saranno decisivi per le successive indagini e che collegano questo rinvenimento a degli eventi accaduti nei mesi precedenti nella capitale inglese. Il primo consiste nel ritrovamento di un nastro bianco stretto intorno al collo della piccola vittima, simile a quello ritrovato addosso ad altri due piccoli cadaveri restituiti dalle acque gelide del fiume nelle settimane precedenti. Il secondo particolare annotato dagli ispettori riguarda il nome riportato sulla carta da imballaggio che ricopriva il corpo, Signora Thomas.
Sconvolto si dirige verso la più vicina stazione delle forze dell’ordine. Gli ispettori notano, quasi immediatamente, due particolari che saranno decisivi per le successive indagini e che collegano questo rinvenimento a degli eventi accaduti nei mesi precedenti nella capitale inglese. Il primo consiste nel ritrovamento di un nastro bianco stretto intorno al collo della piccola vittima, simile a quello ritrovato addosso ad altri due piccoli cadaveri restituiti dalle acque gelide del fiume nelle settimane precedenti. Il secondo particolare annotato dagli ispettori riguarda il nome riportato sulla carta da imballaggio che ricopriva il corpo, Signora Thomas.
I sospetti si concentrarono su Amelia Dyer, che fu immediatamente messa sotto stretta sorveglianza dagli inquirenti.
Chi era Amelia Dyer?
Ancora, perché le forze dell’ordine rivolsero verso di lei le attenzioni ed i sospetti?
Amelia Elizabeth Dyer nacque a Bristol, ultima di cinque fratelli, nel 1838 da una famiglia agiata. Il padre svolgeva l’attività di mastro calzolaio mentre la madre soffriva di una malattia mentale, probabilmente causata dal tifo.
All’età di 10 anni dovette assistere alla morte della madre; a circa 20 anni morì il padre, che le aveva permesso d’imparare a leggere e scrivere.
Nel 1861 si trasferì a Trinity Street, sempre a Bristol, dove conobbe, e in seguito sposò, George Thomas. Data la gran differenza d’età tra i due, lui aveva 59 mentre lei 24, dovettero falsificare le carte per potersi sposare. Thomas si levò 11 anni, lei aggiunse sei. Dal 1835 la legge disciplinava il matrimonio in tutto il Regno Unito. Tra le varie regole introdotte anche quella che prevedeva che un vedovo non poteva sposare la sorella della moglie defunta. Divenuta la signora Thomas, Amelia iniziò ad interessarsi alla medicina. Con il trascorrere del tempo, e degli studi, divenne infermiera. I rapporti con il marito dovevano essere tendenzialmente buoni, dato che alla coppia nacque una figlia.
Nel 1869 George morì, lasciando Amelia sola. La donna iniziò a sopportare le prime difficoltà economiche, ma decise di continuare nella sua attività d’infermiera sino a quando conobbe una levatrice, che le spiegò un modo semplice, e sicuro, di guadagnarsi da vivere. I figli nati all’esterno dal matrimonio destavano scandalo e le madri erano allontanate dalla società civile, relegandole per sempre nel ruolo di peccatrici. La levatrice s’offriva di ospitare le partorienti, di permettere la nascita del bimbo e di occuparsi del piccolo sino a quando non raggiungeva l’età per l’adozione.
Normalmente il prezzo per il disturbo si aggirava tra le 50 e le 80 sterline.
Una volta che il bimbo raggiungeva l’età prefissata, la levatrice iniziava nuovamente il ciclo con un’altra donna e altri bimbi.
Peccato che molte levatrici, cadute presto nel baratro della disgrazia economica, uccidevano i bimbi lasciandoli senza cibo o intossicandoli un poco alla volta con alcool e sostanze oppiacee.
Ad Amelia Dyer questa possibilità piacque, poiché decise di lasciare il lavoro per diventare allevatrice di bambini.
In quest’ambiente nasce la risposta alla seconda domanda, in altre parole perché le forze dell’ordine indirizzarono su di lei i sospetti dopo il ritrovamento del corpo della piccola nel Tamigi.
Amelia Dyer seguì alla lettera i consigli dell’amica levatrice, prendendo presso il proprio domicilio molti bambini nati da relazioni esterne al matrimonio, sopprimendoli nel giro di poco tempo per iniziare nuovamente il ciclo e guadagnare nuovi soldi.
La donna riuscì per molto tempo ad eludere le forze dell’ordine ma nel 1879 fu arrestata in seguito alla denuncia di un medico, che si occupava della certificazione del lavoro svolto dalla levatrice.
Il medico scoprì che “sotto le sue cure” erano molti diversi neonati. La Dyer non fu accusata d’omicidio plurimo, come sarebbe lecito attendersi, ma solo di negligenza nei confronti delle vittime innocenti. L’accusa si limitò ad accertare che i neonati erano morti non per volontà della donna, bensì per le scarse cure che la stessa rivolgeva ai piccoli.
Fu condannata a sei mesi di lavori forzati.
Provata nel corpo e nello spirito, Amelia assunse massicciamente alcool e sostanze oppiacee.
Finita la detenzione riprese tranquillamente la propria attività, continuando ad uccidere bambini.
Per eludere il controllo delle forze dell’ordine decise di cambiare spesso città, assumendo di volta in volta vari pseudonimi.
Nel 1890, dopo un tentativo di suicidio, fu internata in un ospedale psichiatrico. Uscì tre anni dopo profondamente provata.
Due anni dopo decise di trasferirsi nel Berkshire, con la figlia e la socia. Il gruppetto d’anime perse portò con se anche due figliastri della Dyer.
Nel 1896 uccise tre bambini, presso la propria abitazione, strangolandoli con del nastro.
I piccoli corpi furono depositati in un sacco pieno di mattoni e gettati nel Tamigi.
La sua terribile opera fu interrotta dal pescatore che trovò un piccolo corpo nel fiume. Amelia Dyer fu messa sotto stretta sorveglianza dagli inquirenti. Una donna si finse levatrice per ottenere un colloquio con il mostro venuto da Bristol. L’espediente funzionò. La finta levatrice chiese delucidazioni e consigli ad Amelia, la quale non risparmiò le parole e nemmeno i dettagli del proprio modo d’operare.
Scattò immediatamente una perquisizione nell’abitazione della Dyer. Furono trovati dei telegrammi che parlavano d’adozioni, lettere di madri che chiedevano la salute dei propri figli e bordi di nastro che utilizzava per sopprimere i bambini.
Amelia Dyer fu arrestata.
Gli inquirenti dragarono il Tamigi rinvenendo altri sei corpi di bambini.
Le persone che si occuparono del caso provarono ad effettuare una stima di quanti bimbi potesse aver ucciso la donna: Amelia fu sospettata della morte di un numero variabile di bimbi, che andava da un minimo di 200 ad un massimo di 400.
Il 22 maggio del 1896 fu processata e riconosciuta colpevole di un omicidio, poiché non esistevano prove schiaccianti per gli altri delitti.
Fu impiccata alle nove del mattino del 10 giugno 1896.
I corpi rinvenuti nel Tamigi cui fu possibile associare un nome appartenevano a Doris Marmon, di quattro mesi, Harry Simmons, di 13 mesi, e Helena Fry di un anno circa.
Fu soprannominata Jill the Ripper, poiché il suo caso era cronologicamente vicino a quello di Jack lo squartatore.
Un’ipotesi remota vorrebbe identificare Amelia Dyer come la persona che si nascose nell’ombra degli omicidi di Jack lo squartatore.
Fabio Casalini
Bibliografia
Alison Rattle, Allison Vale, Amelia Dyer: Angel Maker: The Woman Who Murdered Babies for Money, Andre Deutsch, 2007
Lionel Rose, The Massacre of the Innocents: Infanticide in Britain, 1800-1939, Routledge, 1986