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Ma tutto questo Alice non lo sa

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Chi ha superato i quarant'anni avrà sentito, almeno una volta, la seguente frase cantata da Francesco De Gregori: e Cesare perduto nella pioggia sta aspettando da sei ore il suo amore ballerina.
La canzone, da cui ho estratto la frase, Alice non lo sa è contenuta nell’omonimo album, e fu incisa nel 1973.  
L’album, pubblicato sulla scia della partecipazione di De Gregori ad Un disco per l’estate, non ottenne un grandissimo successo: leggendo le dichiarazioni del cantautore, vendette circa 6000 copie mentre il singolo meno della metà. [1]
Il mancato successo della canzone seguì la pessima risposta offerta dal pubblico dell’edizione d’Un disco per l’estate del 1973: Alice non lo sa si posizionò tra le ultime canzoni in concorso, non penetrando nell’immaginario collettivo dei nostri avi.
Ho pensato a questi eventi collegandoli ad una frase contenuta nella canzone I muscoli del capitano degli anni ottanta: il futuro è una palla di cannone accesa e noi la stiamo quasi raggiungendo.[2]
Immagino De Gregori pensare e scrivere di Cesare, Alice e il mendicante arabo.
I successi non arrivano per caso, almeno quelli immortali e non gli svolazzi di un’estate del nostro secolo.
Il testo disincantato e fiabesco attirò la mia attenzione già al primo ascolto.
A vent'anni quel nome non attirò la mia attenzione.
La vita però fa giri immensi e poi ritorna. 
Ritorna sempre.
A chi si riferiva quando pensava a Cesare?
Quel Cesare cantato da Francesco De Gregori chi è?
Dirigiamoci verso il basso Piemonte.
Inizi del Novecento, il secolo criminale.
Cesare nacque a Santo Stefano Belbo, provincia di Cuneo, presso il cascinale di San Sebastiano, dove la famiglia trascorreva le torride estati, il 9 settembre del 1908.
Il padre Eugenio era cancelliere presso il Palazzo di Giustizia di Torino, ove risiedeva con la moglie Fiorentina.
L’agiatezza economica non influì su Cesare a causa della morte prematura di una sorella e di due fratelli, nati prima della sua venuta. Il cagionevole stato di salute della madre obbligò la famiglia ad affidare il bimbo ad una balia.
La vita non riservò grandi soddisfazioni.
Il piccolo Cesare lo comprese a cinque anni quando perse il padre per un tumore al cervello.
La madre di carattere autoritario, costretta ad allevare in solitudine due figli, obbligò Cesare ad un’educazione rigorosa.
Nell’autunno di quel maledetto 1914, la sorella si ammalò di tifo obbligando la famiglia a Santo Stefano Belbo per tutto l’anno scolastico. 
Cesare frequentò le rimanenti classi delle elementari a Torino, presso l’istituto privato Trombetta.
Il ragazzo superò il periodo delle scuole medie presso l’Istituto Sociale dei Gesuiti di Torino. S’iscrisse al Liceo classico Cavour. 
Si appassionò alla letteratura grazie agli scritti di Gabriele D’Annunzio e di Guido da Verona. Nell’ottobre del 1923 s’iscrisse al liceo D’Azeglio.
1925, sera di pioggia su Torino.
[...] E Cesare perduto nella pioggia
Sta aspettando da sei ore il suo amore ballerina.
E rimane li, a bagnarsi ancora un po’
E il tram di mezzanotte se ne va
Ma tutto questo Alice non lo sa [...][3]
Chi è quel Cesare?
Molti di voi l’avranno intuito da qualche tempo: parlo di Cesare Pavese.
Cesare frequenta il liceo.
«Ditemi chi non si è mai innamorato di quella del primo banco, la più carina, la più cretina»[4]
Per Pavese le cose andarono in maniera differente.
E' un ragazzo timido, introverso, cresciuto senza il padre.
«Pavese non è uno di quei giovanotti ardenti che scordano tutto alla vista di una sottana. Ma non vuole essere da meno degli altri. E gli amori di un timido sono sempre più seri di quelli di uno sfrontato.»[5]
Il suo primo amore non può essere una compagna di scuola.
Il suo primo amore, quello che gli farà girare la testa e prendersi una pleurite, è una ballerina che lavora al caffè – concerto La Meridiana, all’interno della Galleria Natta. [6]
Frequenta il caffè per diverso tempo, accorgendosi della propria attrazione verso ragazze dotate di minore cultura ma dirette e schiette nel rapporto con gli uomini.
Quante sere si sarà recato al caffè per vederla?
Quante volte, tornando a casa, avrà trovato il coraggio dei deboli?
Lo immagino girovagare per le strade di Torino mimando la scena: scusi signorina vorrebbe uscire con me?
Cesare non si recava in solitudine al caffè per ammirare gli spettacoli.
Si accompagnava con i compagni di liceo. 
Avrà scambiato le proprie impressioni con gli amici del tempo?
Un giorno decise.
Tuttò mutò.
Il coraggio giunse all’improvviso: una sera decise di chiedere un appuntamento alla ragazza. Si troveranno alle sei del pomeriggio all’ingresso principale del caffè – concerto La Meridiana.
Alle 18 in punto Cesare è lì ad attendere.
Passano i minuti e la ragazza non si presenta.
Passano le ore e della ballerina non si hanno notizie.
Intorno alle 23 inizia a piovere.
Cesare Pavese non ha l’ombrello, ma non demorde.
«C’è chi aspetta la pioggia per non piangere da solo..»[7]
A mezzanotte decide di abbandonare i sogni e la ragazza.
L’ultimo tram è passato.
Il risultato di quella sera?
Una pleurite che obbligherà Cesare a casa per diverso tempo.
Un poeta antico ed uno moderno.
Grazie a De Gregori per la magnifica citazione, che permette di ricordare un episodio della vita di Cesare Pavese.
Una conclusione amara ci attende?
Cesare sicuramente non ha ispirato il testo di un’altra famosa canzone: «e in un giorno di pioggia ti rivedrò ancora, e potrò consolare i tuoi occhi bagnati».[8]
Ma tutto questo Alice non lo sa.

Fabio Casalini






[1]Michelangelo Romano, Paolo Giaccio, Francesco De Gregori. Intervista, Anteditore, Verona, 1976, poi incluso in Riccardo Piferi (a cura di), Francesco De Gregori: un mito, edizioni Lato Side, Roma, 1980
[2] I muscoli del capitano, Francesco De Gregori, 1982, album Titanic
[3] Alice non lo sa, Francesco De Gregori, 1973, album Alice non lo sa
[4] Compagno di scuola, Antonello Venditti, 1975, album Lilly
[5]Il vizio assurdo– Davide Lajolo – Il Saggiatore, 1967
[6] La galleria Natta è l’attuale Galleria Federico
[7] Il bombarolo, Fabrizio de Andrè, 1973, album Storia di un impiegato
[8] In un giorno di pioggia, Modena City Ramblers, 1994, album Riportando tutti a casa

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